Neuroscienze, apprendimento e didattica della matematica


 

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11. Immersione e costruzione

Esiste un momento importante nello svolgersi del nostro pensiero: quello in cui gli oggetti "in entrata" nel nostro sistema percettivo sotto forma di parole vengono rappresentati anche sotto forma di immagine. Il linguaggio naturale e il corrispondente contenuto immaginativo si creano "per immersione", cioè in momenti in cui sono contestualmente presenti alla percezione i fatti e gli oggetti cui le parole si riferiscono. In tal modo la parola "martello", ad esempio, si correla all’azione, al materiale di cui è fatto, agli oggetti su cui si applica, al momento emotivo vissuto in concomitanza, a situazioni fisiche ed affettive. Questo corredo non verbale creerà poi associazioni fertili con altro materiale già presente alla mente, fornendoci rappresentazioni di quadri verbali più ricche del semplice contenuto del quadro stesso.
Faccio un esempio: se leggo "i fantini frustavano i cavalli fumanti nella pista gelida" posso "vedere" i cavalli sudati, dal momento che "fumano" nell’ambiente freddo, e certamente non penso i fantini a piedi, o in piedi sul cavallo, anche se nella frase questo particolare non è esplicitato.

Apprendimento per "immersione"

Se invece si legge "il triangolo ABC ha i lati che misurano rispettivamente 3,4,5" in media nessuno "vede" il triangolo come rettangolo, pur conoscendo il teorema di Pitagora.
C’è in questa situazione la stessa difficoltà a ritrovare forme consuete che si incontra a riconoscere una rosa nella descrizione del dottor P.:"Quindici centimetri circa di lunghezza….una forma rossa circonvoluta con un’appendice lineare verde".
"Poter parlare delle cose ma non vederle direttamente…."
Davanti alla matematica le persone si comportano come se fossero affette da questa patologia specifica, disperatamente attaccati a tutto quello che possa aiutare a ritrovare il mondo delle immagini, e con esso il senso della continuità e della familiarità di pensiero, senza però riuscire a trovare l’espediente giusto.



La mancanza di
immagini mentali in
matematica

Ritengo allora che grande attenzione vada messa, nell’insegnamento della matematica, al momento della "costruzione" dei modelli mentali, termine che contrappongo a quello dell’immersione. Per costruzione intendo proprio la costruzione di un’immagine o modello mentale che sia isomorfo alla struttura semantica della frase matematica.



Costruzione di
modelli mentali

All’inizio del secolo il grande psicologo sovietico A. R. Lurija, diventato poi notissimo per i suoi lavori di neuropsicologia, cominciò a studiare la mente del signor Seresevskij, dotato di una memoria straordinaria (era chiamato "l’uomo che non dimenticava nulla"). Una delle caratteristiche del signor S. — come lo chiamava Lurija — era che ogni sua esperienza si trasformava automaticamente in immagini visive molto vivide e consapevoli. Per fare una verifica del tipo di quella a cui ho appena accennato, Lurija , lavorando con Seresevskij, gli sottopose la lettura di un brano molto semplice, che diceva che se sopra l’acqua contenuta in un recipiente si mette dell’acido carbonico, quanto più alta sarà la pressione del gas, tanto più esso si discioglierà nell’acqua. Ecco come rispose il signor S:

" Quando mi diceste quella frase io vidi immediatamente il recipiente: ecco, qui è collocato il "sopra" […] Vedo una linea (fig. (a)), sulla linea una nuvoletta che va verso l’alto: è il gas (fig. (b))

Leggo oltre "quanto più alta sarà la pressione" ed il gas si innalza, ma poi c’è qualcosa di denso…È la sua pressione (fig (c)) , appunto, ma è più alta […], la pressione si soleva in alto…."tanto più si discioglierà nell’acqua"…l’acqua è diventata più pesante (fig.(d)) […] e il gas? Ma la pressione è più alta, è andata tutta in alto, […] E allora come è possibile che, se la pressione è più alta, il gas si dissolva nell’acqua?12

Gas e pressione vengono confusi nel significato. Si confonde essere "più alto" nel senso di "avere un valore più elevato" con il significato i "essere più in alto".La confusione inoltre aumenta considerando il fatto che, riferendoci alla pressione, essere più alta vuol dire, nell’effetto pratico che riguarda il gas, non leversi di più dall’acqua ma "premere di più" su di essa.



Lurija e il signor S

Questa confusione rivela come non si siano ben formate le relazioni tra le singole parole e i significati che esse possono aver in contesti diversi e riguarda a mio avviso la sincronicità dell’apprendimento di materiale a carico dei processi verbali e di quelli "visivi"13, perché sicuramente può accadere — e a scuola accade di frequente ed è causa di molti fallimenti — che l’alunno corregga, con l’intervento magari dell’insegnante, il significato errato del termine nell’ambito verbale, ma che a questa correzione non segua quella corrispondente nell’immagine.
Riferendoci all’esempio appena esposto accadrebbe che alla domanda:"Che significa più alto?" lo studente saprebbe rispondere meccanicamente, una volta corretto, che significa di valore più elevato, ma continuerebbe, nel modello per immagini, a rappresentarsi la situazione in cui il gas "si alza " effettivamente sull’acqua, e non riuscirebbe più, dopo appena pochi passi, a orientarsi tra le due versioni diverse che si trova davanti, quella verbale e il modello che se ne sta facendo. In questo caso facilmente finirebbe per abbandonarne una, quasi sempre quella per immagini, meno conscia, affidandosi così a una preparazione mnemonica. Quante volte all’insegnante capita di dire la frase :"Ma se l’hai appena detto bene, perché sbagli ancora?"
Si ha appunto, in questo caso, un apprendimento puramente formale dei termini, e dietro la faccia sconcertata dell’alunno che ti guarda, subendo domande sempre più incalzanti e sempre più inutili, c’è proprio questa difficoltà, quella di non riuscire ad accordare l’apprendimento "visivo" con quello verbale. È utilissimo allora fermarsi e cercare insieme a lui l’incongruenza tra le due rappresentazioni, magari sollecitandolo a fare un commento della situazione del tipo di quello fatto da Seresevskij.
Pensiamo spesso di aver sviluppata naturalmente, attraverso l’uso della parola, una mentalità figurativa estremamente vivida e con una "cultura" pari a quella verbale, e improvvisamente ci capitadi vederla impoverita e culturalmente inadeguata proprio nel momento in cui cerchiamo di usarla come supporto nell’attività matematica.
Credo che dovremmo avere piena consapevolezza che due processi diversi di pensiero esistono affiancati e devono essere educati entrambi sugli stessi contenuti, che il pensiero adulto e completo deve farne uso in modo sinergico, senza che vi siano rigidità e una schiacciante predominanza dell’uno sull’altro.



Necessità di
accordare il processo visivo
a quello verbale

La ricerca in questo campo dovrebbe volgere la sua attenzione anche a nuovi software che possono essere usati dagli insegnanti per agevolare le loro proposte didattiche (porto come esempio il Cabrì, usato in queste dispense). anche se lo sviluppo velocissimo degli strumenti multimediali sta provocando discussioni e polemiche tra i sostenitori entusiasti e convinti dell’uso di questi apparecchi come sussidi didattici e coloro che sono più cauti e sospettosi:

Una cosa vorrei comunque mettere in evidenza qui: il contrasto tra il nostro più diffuso modo di concepire la televisione e i modi con cui essa viene usata dal giovane, meglio dal bambino. Vale lo schema di prima: la tv è dannosa perché non fa ragionare, appiattisce le menti, non consente di fissare le conoscenze, non produce astrazione. Questo emerge dall’‚antropologia adulta. La tv fa star bene, è viaggio, piacere, compagnia. Questo è quanto emerge dall’‚antropologia bambina.[...] Quanti, tra gli adulti apocalittici, hanno veramente provato l‚ebbrezza di un videogioco a fianco di un bambino (perché no?) in concorrenza con lui? [...] Tra la pedagogia, per come la conosciamo e pratichiamo, e il portato di astrazione dell’‚universo gutenberghiano c‚è stata e continua ad esserci una piena identità. L’una dà all’‚altra non solo una conoscenza ma anche una coscienza: non c’è libro senza pedagogia né pedagogia senza libro .Di qui la tendenza di molti a porre al di fuori degli spazi pedagogici quanto non coincide con questa forma di conoscenza e di coscienza. Se volessimo continuare in questo modo, rischieremmo prima o poi, di espungere il giovane dalla pedagogia. Cosa, ne converrete, assolutamente assurda. Il significato generale dei ragionamenti proposti qui è di aprire alle logiche dell’‚immersione, costituendo un terreno di interazione, scambio, costruzione fra queste e le logiche dell’‚astrazione. 14

Questo brano di Maragliano dà un’idea delle contrapposizioni esistenti tra gli operatori della scuola. Si potrebbe banalmente spostare il dibattito dallo strumento al modo in cui usa: contrapporre il libro al computer (o alla televisione) mi pare un falso problema, come lo è il rapporto tra i processi "immersivi" e quelli "astrattivi", come li chiama Maragliano.
La "logica dell’immersione " non è altro che la logica del pensiero naturale. L’esperienza immersiva è quella che viviamo tutti i giorni nell’ambiente in cui ci muoviamo, in cui suoni, odori, immagini, colpiscono il nostro sistema nervoso, e si combinano in "astrazioni" potenti già fin dai primi passi nei processi percettivi15 . Il "portato di astrazione dell’universo gutenberghiano" riguarda non tanto il processo astrattivo in sé, quanto l’educazione del pensiero astratto: l’esperienza immersiva della vita comune porta solo a un pensiero astratto "naturale" (credo di aver mostrato come non sia affatto un pensiero rigoroso), che fino ad oggi trovava nelle circostanze "artificiali" create dal libro il luogo privilegiato per diventare un pensiero "colto".
Spero, nel poco spazio di queste dispense, di aver dato un’idea, anche pur vaga, della complessità di operazioni che intervengono nella costruzione di un pensiero "colto"16 . Non basta mettere in mano un libro o un computer a un ragazzo per costruirgli la mente, e il fatto che col computer possa divertirsi di più non cambia niente.
L’esperienza immersiva, d’altro canto, può portare a memorizzare meglio gli eventi, perché più esperienze percettive ed emotive sono legate a un avvenimento, meglio questo si ricorda, e può risultare più stimolante sul piano dell’attenzione. Queste caratteristiche possono giocare un ruolo positivo nel momento in cui si fanno proposte didattiche, che come nel caso del libro, devono comunque e irrinunciabilmente contenere elementi "non naturali" per il pensiero, faticosi, formativi. Il libro in sé, come il computer in sé non garantiscono questi effetti: esistono pessimi libri di testo e pessimi ipertesti, ugualmente inefficaci e inutili. Quello che conta è la competenza didattica e pedagogica di chi li scrive e gli obiettivi generali che si propone.



Didattica e multimedialità

Vorrei citare, per concludere e alleggerire un po’ il tono, le riflessioni di un neurofisiologo sul tema:

Quali esercizi potrebbe quindi suggerire il neurofisiologo per tenere attiva e funzionante la mente? Quale jogging o palestra si potrebbe inventare per allenare il cervello e rallentare il suo naturale decadimento strutturale e funzionale? Teoricamente il neurofisiologo non può che elencare una serie di esercizi, basati sull’esperienza sensoria, motoria o intellettuale atti ad aumentare l’attività elettrica e quindi il metabolismo in tutto il cervello o in gran parte di esso, Essi dovrebbero essere basati o almeno tener conto dei risultati desunti dagli studi sulla circolazione cerebrale, in particolare si devono prendere in considerazione soprattutto quegli esercizi che aumentano la circolazione maggiormente o in più aree del cervello….Prima di continuare devo confessare che lo spunto per queste considerazioni mi è stato, se non suggerito, almeno rafforzato da una particolare circostanza: le lunghe passeggiate sulle belle colline pisane con Torsten Wiesel, premio Nobel per la medicina e i suoi studi nel campo delle neuroscienze. Il professor Wiesel era allora ospite della Scuola Normale, dove teneva una serie di lezioni, ed è stato proprio durante una di queste passeggiate che, parlando della plasticità del cervello e del tipo di attività nervosa che potrebbe essere più efficace per aumentare o semplicemente prolungare la plasticità, il professor Wiesel ha enunciato l’idea che qui sto proponendo: "Oggi, su basi scientifiche sufficientemente sicure, il neurofisiologo potrebbe, e forse dovrebbe, pensare a scrivere un manuale di training per il cervello". Camminando sotto il pacato sole di maggio, parlammo di enigmistica, di scacchi, di giochi con le carte, di giochi di società e di come, insomma, impostare questo programma di training del cervello. Fu comunque subito chiaro quello che non si doveva fare, ed entrambi facilmente convenimmo che la cosa più pericolosa era la stimolazione passiva del cervello: quelle situazioni cioè in cui, pur sottoponendo il cervello a un bombardamento di stimoli, non lo si stimola né all’azione consapevole né al pensiero critico. Il discorso naturalmente cadde sulla televisione, una entrata visiva che tiene occupato il cervello, spesso però senza stimolare il pensiero. L’informazione visiva, in particolare l’informazione visiva subita passivamente che cioè non genera emozioni, progetti, ricordi, reazioni motorie, produce una stimolazione molto limitata del cervello; spesso quando si guarda la televisione l’attività elettrica che è l’esercizio base del cervello, aumenta nella regione della corteccia visiva, ma non in altre parti del sistema nervoso. Ne risulta un’attività limitata, come muovere un braccio o una gamba per un esercizio di fitness muscolare.
La comunicazione visiva domina il mondo moderno attraverso la televisione, il cinema, gli annunci pubblicitari sui muri e sui giornali. Essa è certamente di grande efficacia, per l’essenzialità e la rapidità che la caratterizzano; ci sono però seri dubbi che possa essere in tutti i casi un buon esercizio per il cervello, inteso nella sua globalità17



Training per il cervello
 

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