Neuroscienze, apprendimento e didattica della matematica


 

Capitolo precedente

 

 

Capitolo successivo

3. La memoria


Anche per la memoria gli studi neurobiologici hanno portato alla concezione attuale per cui questa attività si svolge attraverso l’interazione e la modulazione di sistemi e circuiti diversi, disseminati in ampie zone della corteccia, sviluppando il modello proposto dal neurofisiologo Donald O. Hebb, il quale ipotizza l’esistenza di una doppia traccia: una responsabile di una registrazione "a breve termine" della durata di pochi secondi o minuti, secondo le condizioni presenti, e una seconda che subentra alla prima e che codifica le informazioni in forma stabile e duratura. Hebb propose anche il "principio di convergenza sincronica" secondo il quale due cellule o sistemi che ripetutamente si mostrino attivi al tempo stesso tenderanno a divenire "associati" in modo che l’attività dell’uno faciliti quella dell’altro 1. Nel 1976 Il premio Nobel F. von Hayek postulava un’estesa rete di neuroni corticali, supporto delle connessioni e associazioni che costruiscono la memoria e che occupano estese aree della corteccia associativa.


Modello della memoria
di Hebb

La neurologia attualmente conferma queste ipotesi. Le singole memorie locali legate più direttamente a stimoli percettivi particolari (visivi, tattili, motori…) si sviluppano concatenandosi fino alle aree di associazione in uno sviluppo verticale. Vi è una gerarchia di memorie percettive che va dal sensorialmente concreto al concettualmente generale: alla base troviamo le memorie delle sensazioni particolari, alla sommità i concetti astratti che, per quanto acquisiti tramite l’esperienza personale, sono da quella divenuti indipendenti. Lo sviluppo procede dalle cortecce primarie (quelle sensoriali) alle cortecce associative, dove vengono integrate le elaborazioni più "alte", Le medesime aree corticali servono tanto per immagazzinare memoria percettiva quanto per elaborare informazioni sensoriali e questo ci mostra le stretta relazione che esiste tra percezione e memoria. Ricordiamo ciò che percepiamo e percepiamo ciò che ricordiamo2.


Gerarchia di
memorie

La memoria primaria o a breve termine presenta due caratteristiche fondamentali. Una è le sua breve durata, l’altra nella sua capacità limitata. Ricordiamo con facilità un numero telefonico fino a sette cifre, ma ritenerne uno lungo dieci cifre diventa un problema. La memoria a breve gioca un ruolo importante perché è una memoria di lavoro, avendo il ruolo di collegamento tra l’informazione presente e quella immagazzinata nella memoria a lungo termine.


Memoria primaria
o a breve termine

George Miller 3 ha effettuato uno studio ormai classico intitolato "il magico numero sette più o meno due" analizzando la quantità d’informazione che l’uomo può elaborare e trasmettere e ha scoperto che questa quantità corrisponde circa a sette unità per volta. Quando tentiamo di elaborarne più di sette compaiono diversi errori. Pertanto il limite numerico di sette sembrerebbe essere il limite naturale della memoria primaria. Miller ha messo comunque in evidenza che non siamo confinati entro sette unità elementari di informazione. Possiamo infatti raggruppare più informazioni facendo uso di altre conoscenze o associazioni già apprese. Una singola unità chiave di informazione può servire a codificare una congrua quantità di materiale. È possibile inglobare alcuni (ma non più di sette) di tali blocchi (chunks) 4 nella memoria primaria?

I chunks

Ci sono espedienti usati nella vita quotidiana ed esperimenti che lo confermano: se vengono per esempio dati i numeri

3 7 5 4 8 2 9 1 6 0

se ne possono ricordare all'incirca sette, mentre se si raggruppano

37 54 82 91 60

si ottengono cinque unità di informazione e rimane anche altro spazio libero da utilizzare nel deposito della memoria primaria.


Questo raggruppamento in blocchi, che riesce bene ad esempio con in numeri, diventa quasi impossibile da effettuare con le parole, rimanendo in ambito verbale. In pratica però è possibile effettuare una sintesi di simboli condensando il significato di più parole in un concetto o in una immagine, ottenendo in tal modo una singola unità di informazione che può essere confrontata semanticamente con altre formate con lo stesso procedimento.


Riduzione all'uno

Un altro risultato interessante riguarda il decadimento della memoria di lavoro in seguito a interferenze di altri stimoli. I risultati sono stati sorprendenti: presentando materiale "verbale" (numeri o lettere), si verificava perdita di memoria se il materiale di interferenza era anch’esso verbale.5 Se invece il materiale interposto era di altro tipo, ad esempio "musicale", come la sequenza di suoni dei varia altezza, non vi era alcuna perdita di ricordo del materiale verbale. Ciò che colpisce è che i risultati hanno sorpreso gli stessi soggetti. A quanto pare le persone si aspettano che il materiale verbale interferisca con il materiale melodico e restano apertamente sorpresi quanto sia minima in realtà questa influenza reciproca.


Decadimento della
memoria

Uno degli effetti della cultura scolastica, almeno di quella classica, era quello di addestrare il pensiero a strategie mnemoniche (per lo più inconsapevoli) che permettono di tenere presenti nella memoria di lavoro molto materiale, in formati diverso, verbale o per immagini, per poterlo elaborare. Si affinava la capacità di costruire chunks sempre più complessi imparando ad operare una sorta di "compressione cognitiva". 6Lo studio delle lettere classiche, latino e greco, per esempio, o della matematica ha sempre avuto a mio avviso un ruolo importante in questo addestramento, che oggi si mostra spesso tragicamente carente. Non mi riferisco ovviamente ai contenuti disciplinari, ma ad abilità trasversali quali quella di decodificare un testo che non si limiti a una principale e una secondaria.


Strategie mnemoniche
 

Indice