Neuroscienze, apprendimento e didattica della matematica


 

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5. Le logiche

Il matematico H. Poincaré, in un suo articolo sulla genesi della creazione matematica, fa le seguenti osservazioni:

Un fatto dovrebbe sorprenderci, o piuttosto ci sorprenderebbe se non ci fossimo così abituati. Come succede che c’è gente che non capisce la matematica? Se la matematica invoca soltanto le regole della logica così come sono accettate da tutte le menti normali, se la sua evidenza è basata su principi comuni a tutti gli uomini, che nessuno potrebbe negare senza essere matto, come può essere che tante persone sono così refrattarie? Che non tutti siano in grado di inventare non è certamente un fatto misterioso. Che non tutti possano ricordare una dimostrazione una volta imparata, può pure passare. Ma che non tutti possano capire il ragionamento matematico, quando spiegato, appare molto sorprendente quando ci si pensa. Eppure coloro che possono seguire questo ragionamento solo con difficoltà sono la maggioranza; ciò è innegabile e sicuramente non sarà contraddetto dagli insegnanti di scuola secondaria.

E ancora:

come è possibile l’errore in matematica? Una mente sana non dovrebbe essere colpevole di un errore logico, eppure ci sono tante menti bellissime che non inciampano in un ragionamento breve, come capita nei fatti ordinari della vita, e che sono incapaci di seguire o ripetere senza errore le dimostrazioni matematiche che sono più lunghe, ma che dopotutto sono soltanto una accumulazione di brevi ragionamenti completamente analoghi a quelli che essi fanno così facilmente.1



Perché la matematica è difficile?

Le domande che si pone Poincaré sono sostanzialmente le stesse che ci poniamo noi ogni volta che dobbiamo affrontare in classe il problema della grande differenza di atteggiamento e di comprensione degli studenti di fronte alla materia. Da questo punto di vista le personalità dei ragazzi sono ben disegnate già molto presto: c’è il ragazzo introverso, taciturno e un po’ buio, che va bene solo a matematica o in qualche altra materia scientifica, mentre il suo compagno brillante e chiacchierone, che fa temi di italiano che consolano l’insegnate, spesso fatica a prendere la sufficienza nello scritto di matematica. Queste situazioni in realtà sono più sfumate e non sempre così schematiche, ma possono esistere in una forma di contrapposizione che spesso sconcerta o addirittura non convince chi siede in cattedra.
Quante volte in sala insegnanti ho sentito professori di lettere borbottare con sospetto "mah, eppure è così bravo, non capisco come abbia quattro a matematica!" provocando immediatamente la reazione risentita dei colleghi di matematica: "Ma come fa ad essere bravo in italiano se non è in grado di fare ragionamenti rigorosi, anche se facili, e parla solo per ripetere definizioni imparate a memoria?"



Attitudini matematiche
e attitudini letterarie

Tutto questo finisce per alimentare la leggera incomprensione che già esiste tra i colleghi di matematica e di lettere, dovuta, a volte, al disagio che ognuno prova di fronte alle discipline dell’altro, disagio radicato forse in qualcuno già fin da studente.
Alcuni colleghi di lettere spesso mettono avanti le mani dicendo — con ancora un po’ d’ansia a pensarci — che loro "quella roba" non l’hanno mai capita, perché "non hanno avuto un buon insegnante alle elementari (o alle medie) e da allora hanno "una sorta di blocco"" E sospettano che i loro alunni "bravi" subiscano la stessa sorte, vittime di professori che non insegnano, che "non hanno disponibilità umana", che si limitano a riempire la lavagna di formule e di numeri, fulminando con gli occhi la classe e il mondo intero.
Capitano professori di matematica, d’altro canto, che mal sopportano colleghi a cui piace , a parer loro, "parlarsi addosso" e pensano che "…è facile rimediare un sette in italiano ripetendo quattro parole, se si è disinvolti, …che ci vuole…leggere il Foscolo e commentarlo…ma se si tratta di riflettere, di essere sintetici, rigorosi, come si fa ad avere otto a italiano e non riuscire a imbroccare una dimostrazione giusta neanche per sbaglio?…"
Così, tra un sorriso e una smorfia, ogni volta restano sul tavolo commenti acidi o scherzosi, senza che mai nessuna delle due parti si avvicini realmente all’altra in un confronto meno superficiale.
Resta comunque la domanda che si poneva Poincaré: il ragionamento matematico si compone di tanti brevi ragionamenti collegati in una catena. Come mai le persone che non sbagliano nel sillogismo breve sbagliano invece nel ragionamento matematico?



Le "due culture "
in sala insegnanti

L’imponente lavoro svolto da Piaget e dalla sua scuola ci ha portati a pensare che esista una sorta di "logica mentale" che l’individuo acquisisce completamente nella fase adulta, alla fine del suo sviluppo intellettuale. Nella teoria logicista piagetiana il pensiero adulto equivale alla logica proposizionale. Recenti ricerche della psicologia cognitiva però hanno respinto queste conclusioni, scoprendo dei limiti nelle capacità del ragionamento ipotetico-deduttivo degli adulti che evidenziano carenze non trascurabili nella competenza logico-formale. .
Gli studi più recenti su questo tema hanno proposto nuove ipotesi in campo psicologico. Tra queste spiccano per interesse la teoria pragmatico-linguistica, quella psico-retorica e la teoria dei modelli mentali.



Critiche alla teoria
logistica piagetiana

La teoria pragmatico-linguistica lega la costruzione della logica mentale alle leggi dell’uso pragmatico del linguaggio. I problemi di ragionamento infatti sono spesso presentati in forma verbale, fatto che fino a pochi decenni fa era messo in secondo piano dalla teoria piagetiana, per la quale il linguaggio gioca un ruolo secondario nello sviluppo della logica. Il massimo esponente di questo filone di studi è il filosofo P.Grice2



Cenni sulla teoria
pragmatico-linguistica

La teoria psico-retorica si basa su assunti simili a quelli della pragmatico-linguistica. Lo psicologo Mosconi ha studiato a fondo le relazioni tra il linguaggio naturale e il pensiero che su di esso si determina. Mosconi imputa le difficoltà di soluzione dei problemi alle difficoltà incontrate nell’interpretare i testi dei problemi stessi, che, pur usando la lingua naturale, adottano un codice diverso da quello su cui si basano le normali regole di comprensione del linguaggio. Il riordino del teorema di Euclide esaminato nel paragrafo precedente fa parte dei suoi lavori di psico-retorica. La teoria si basa così sull’esistenza di un "doppio codice" che determina conflitti di interpretazione e confusioni.3



Cenni sulla teoria
psico-retorica

La teoria dei modelli mentali si basa sull’assunto che la mente lavora sulle rappresentazioni di modelli che hanno lo stesso significato delle frasi verbali a cui si riferiscono. Per Il suo fondatore, Johnson-Laird, la vita mentale si basa su tre tipi di rappresentazioni4 : le rappresentazioni proposizionali (stringhe di simboli relate al linguaggio naturale), i modelli mentali e il loro corrispondenti percettivi, le immagini mentali5 . Questa teoria ha il pregio di una maggiore completezza perché è l’unica tra quelle considerate che esamina i processi razionali anche sul piano della computazione, cioè sul piano relativo al materiale trattato dal pensiero, e su quello algoritmico attraverso cui si formano le inferenze, analizzando i fenomeni del pensiero deduttivo, ipotetico-deduttivo, probabilistico, decisionale e creativo6 .



Cenni sulla teoria
dei modelli mentali
 

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