Neuroscienze, apprendimento e didattica della matematica


 

Indice

 

 

Capitolo successivo

1. Plurali

Il pensiero è qualcosa
di cui conosciamo
il significato finché qualcuno
non ci chiede di definirlo.



Intelligenze multiple, pensieri multipli. Da un po’ di tempo siamo indotti a pensare al plurale: pensieri, intelligenze, saperi..., e siamo scossi in quella che è forse una delle certezze più delicate dell’uomo: l’essere "uno" del pensiero. Del nostro pensiero. "Pensiero", al singolare. Potevamo pensare al purale per i campi di applicazione o per i contenuti particolari in cui questo si esplicava, ma niente di più. Pensieri, in questa concezione, non è il plurale di Pensiero, ma ne denota sottoinsiemi Il pensiero è, nell’esperienza soggettiva, strettamente legato, quasi identificato, con la coscienza del sè. La percezione della propria esistenza e della propria unicità passa proprio dalla forma unica e irripetibile del proprio pensare. La possibilità di pensieri multipli all’interno di una stessa persona si collegava fino a ieri ai casi clinici inquietanti delle personalità multiple: per ogni tipo di personalità una particolare tipologia di pensiero, di individualità, appunto.

"Pensiero" al plurale

Del pensiero sono state studiate fin dall’antichità leggi e componenti, non senza precise difficoltà nella definizioni dei termini. Già Aristotele dice:

"...il pensiero non si trova se non in chi è fornito di ragione. L’immaginazione è [...]diversa sia dalla sensazione sia dal pensiero, però non esiste senza sensazione e senza di essa non c’è apprensione intellettiva. Che l’immaginazione non sia lo stesso tipo di pensiero dell’apprensione intellettiva è evidente." 1

L’immaginazione non è lo stesso tipo di pensiero dell’apprensione intellettiva..Che rapporto c’è tra i " tipi di pensieri " al plurale dal " pensiero " al singolare? Per Aristotele gli uni sono sottoinsiemi dell’altro o ne sono in parte distinti? E ancora, cosa vuole dire affermando che il pensiero non si trova se non in chi è fornito di ragione?

Immaginazione e
apprensione intellettiva

Questo tema ha attraversato tutta la filosofia fino ai nostri giorni, nei quali è stato oggetto anche della psicologia fino a quando un nuovo campo di indagine scientifico-sperimentale ha cominciato a fornire dati sul funzionamento cerebrale, su cui costruire modelli parziali dei processi cognitivi superiori2. Questo nuovo campo di studi è composto da un nucleo centrale, la neurologia, strettamente legato a pratiche di laboratorio che indagano il cervello dal punto di vista chimico - biologico, e da satelliti che vi gravitano intorno che utilizzano questi dati per continuare ad indagare e costruire modelli sul funzionamento della mente umana: psicobiologia, neuropsicologia, neuropsicobiologia, ecc...A tutto questo è stato dato il nome generico di neuroscienze.

Le neuroscienze

Il fatto che esistano ancora tante frammentazioni nelle discipline che studiano la mente è indicativo dello stato iniziale di questa ricerca. Esistono assunzioni accettate ormai in pianta stabile dagli scienziati e modelli nuovi che, via via che si formano, sono discussi, superati, integrati, dai dati di laboratorio più recenti ottenuti con tecniche strumentali, anche quelle in continua via di affinamento. Il compito a dir poco arduo e impegnativo di capire come il cervello dia vita alla mente è sicuramente uno degli obiettivi del nuovo secolo, e ne siamo appena agli inizi, in uno stadio in cui prevale l’incertezza e la soggezione, di fronte all’enorme mole del lavoro ancora da svolgere, piuttosto che la sicurezza fondata sui risultati acquisiti. Ma come disse Pasko Rakic, uno dei primi neuroscienzati impegnati nello studio dello sviluppo della corteccia cerebrale, per giustificare lo slancio nel portare avanti queste indagini difficilissime: "Meglio non capire una cosa complessa che una cosa semplice!"3


Stato iniziale
delle ricerche

Da questa situazione fluida e articolata hanno origine, a volte in modo forse approssimativo o prematuro ma inarrestabile, le applicazioni pratiche delle nuove concezioni nei vari campi della vita sociale, tra cui la scuola, il suo assetto, le scelte dei contenuti dei vari piani di studi e la didattica. Credo che l’ambito altamente specialistico e la velocità con cui le ricerche si sono sviluppate non abbiano permesso che nella media dei docenti avvenissero quei cambi di paradigma necessari in questi casi: infilare nuovi concetti e nuove definizioni in vecchi schemi e vecchie idee è un’operazione che porta solo a dover accettare acriticamente "ricette" didattiche o progetti scolastici. Oppure a non saper bene argomentare o discutere gli aspetti delle proposte che non convincono, a doversi confrontare con termini di cui non si conoscono fino in fondo le implicazioni e la rete di relazioni con l'argomento complessivo in gioco: i processi mentali coinvolti nell’acquisizione della conoscenza.


Ricaduta sulla
didattica

Ma accanto a questo aspetto ne esiste un altro che giustifica il mio invito agli insegnanti di matematica ad accostarsi a questi temi: il fatto che l’attitudine al pensiero critico e scientifico non è naturalmente insito nel pensiero naturale, come lo è ad esempio il linguaggio, ma richiede un addestramento attento e non facile. La matematica impone una disciplina al pensiero, costringendolo entro tecniche formali a cui adeguarsi, forzandolo ad andare contro un’elaborazione "naturale" non scientifica. Il ragionamento umano, ad esempio, non procede per tavole logiche o regole formali, ma richiede che i significati vengano compresi e le loro rappresentazioni mentali manipolate. In queste interazioni la logica e l’emotività prendono strade promiscue e i sillogismi che ne conseguono non sono sempre ben formati.
Allora conoscere i meccanismi mentali coinvolti nell’apprendimento può essere utile all’insegnante per impostare didattiche più flessibili, che usino tali conoscenze per capire le difficoltà "mentali " (non solo emotive) degli studenti e che siano in grado di affinare tecniche adatte al recupero dei più deboli senza dover rinunciare ai forti aspetti formativi della disciplina.


Necessità di addestrare
il pensiero scientifico

Ciò  che con questo scritto mi propongo è allora il tentativo di inquadrare alcune questioni fondamentali che riguardano il pensiero e i suoi processi, alla luce di alcuni importanti risultati delle neuroscienze e della psicologia cognitiva, suggerendo qualche implicazione didattica frutto anche della mia esperienza professionale e di rileggere in questa ottica alcuni concetti fondanti nella storia della matematica.

Scopo di queste
dispense
 

Indice