PROGRAMMA COMMENTATO LOGICA MATEMATICA (AA 2015-16) Paolo Lipparini (dal 29 set all' 8 ott) NB: I libri e i riferimenti citati sono, in genere, indicazioni per ulteriori letture e approfondimenti (talvolta anche solo semplici curiosita') e NON FANNO parte del programma, a meno che non sia esplicitamente indicato il contrario (per inciso, ho cercato di inserire materiali e collegamenti che possano avere un qualche interesse; questo non significa necessariamente che io ne condivida il contenuto; al contrario, in rari casi, ho inserito il riferimento ad opinioni che mi appaiono difficilmente condivisibili; ha comunque un certo interesse il sapere che tali opinioni sono state espresse). Se sono a conoscenza di un'edizione italiana, ho citato il titolo in italiano, ma, salvo errori, l'anno si riferisce sempre alla prima edizione in lingua originale (che consiglio, se si conosce la lingua). Ripeto che errori sono possibili; inoltre, per motivi informatici, non sempre gli accenti sono indicati. Invece questi commenti e le parti citate dei seguenti libri FANNO PARTE DEL PROGRAMMA (ma sono esclusi gli esercizi, se non altrimenti specificato). [M] Elliott Mendelson, Introduzione alla logica matematica. [CK] C. C. Chang e H. J. Keisler, Teoria dei modelli. (qualunque edizione in qualunque lingua). Non ne e' necessario comunque l'acquisto. (29 set 2015) - Breve 'definizione' di logica matematica e suoi limiti. Citando Shoenfield, "la logica e' lo studio del ragionamento e la logica matematica e' lo studio del ragionamento usato dai matematici", affermazione che possiamo indubbiamente condividere, almeno in prima approssimasione. Per chiarezza, vorremmo pero' sgomberare il campo da una possibile illusione. Non e' affatto scontato che lo studio del ragionamento, di per se' stesso, insegni a ragionare, o che aiuti a ragionare meglio chi gia' sa ragionare. In effetti (qualunque significato si voglia dare al termine 'ragionamento', purche' non in palese contrasto col significato intuitivo usuale del termine), per poter sensatamente analizzare i metodi di ragionamento, bisogna gia' essere in grado di ragionare. Allo stesso modo, per studiare come ragiona un matematico, sembra essere necessaria una conoscenza decisamente buona della matematica. E non e' affatto detto che, alla fine di questa ricerca, si diverra' matematici migliori (si spera, almeno, non peggiori). Per fare un paragone, dichiaratamente un po' approssimativo, un critico letterario, anche eccellente, non e' detto possa diventare un buon scrittore di narrativa, anche se, naturalmente, si danno illustri esempi di questa eventualita'. Chi si applichera' allo studio dei ragionamenti effettuati dai matematici diventera', comunque, per definizione, un 'logico matematico', se si accetta la definizione di Shoenfield richiamata sopra. Inoltre, deve essere ben chiaro che la logica matematica studia un modello del ragionamento matematico in parte idealizzato. Questo avviene per necessita': per poter analizzare con esattezza il suo oggetto di studio, esso deve essere delimitato e codificato con precisione. Restano quindi esclusi aspetti che molti matematici ritengono fondamentali della loro attivita': ad esempio, aspetti intuitivi, creativi, euristici etc. Se e' vero che la logica matematica e' stata spesso criticata per questa limitazione, bisogna pur dire che difficilmente e' concepibile che gli aspetti citati possano essere analizzati da un punto di vista puramente matematico, senza tirare in ballo, quanto meno, neurologia, e forse biologia, psicologia etc. Del resto, all'atto pratico, forse e' impossibile stabilire un confine esatto fra intuizione e ragionamento. Senza entrare in dettagli, che esulerebbero dallo scopo del corso, e' stato sostenuto recentemente che gli aspetti cosiddetti 'razionali' del nostro comportamento non possano essere completamente disgiunti dagli aspetti 'emotivi' (ad esempio, A. R. Damasio, L'errore di Cartesio, 1994). Non sembra essere stata ancora data una definizione precisa e non dibattuta di cosa si debba intendere per intelligenza. L'ambizioso progetto di quella che si definisce 'intelligenza artificiale' (cioe' il costruire una macchina intelligente, qualunque cosa questo significhi) si e' scontrato contro difficolta' apparentemente insormontabili. Eppure e' semplicissimo fornire ad un elaboratore le regole logiche comunemente accettate, e programmarlo in modo che le segua. Questo sembra corroborare l'ipotesi che non sia stata ancora fatta piena chiarezza sul significato di nozioni come 'razionalita', 'ragionamento', etc, E' evidente quindi che la logica matematica, per lo meno nella concezione attuale, si applica esclusivamente ad un ambiente ben delimitato e ristretto. Con queste premesse, e' abbastanza sorprendente che la logica matematica abbia ottenuto alcuni risultati che hanno avuto notevole impatto su matematica e informatica e anche (attualmente, in maniera sempre piu' frequente) risultati che possono essere ritenuti di natura matematica in senso stretto. Approfondimenti: Damasio, citato. G. Rota, Pensieri indiscreti, 1997. J. Godard, Alphaville, 1965. Supertramp, The Logical Song, 1979. Problemi matematici risolti con metodi logici, 1993 https://www.mat.uniroma2.it/~lipparin/pmr93.txt Why the Human Brain Project Went Wrong--and How to Fix It - Scientific American http://www.scientificamerican.com/article/why-the-human-brain-project-went-wrong-and-how-to-fix-it/ - Breve dibattito sulla natura della matematica. (30 set) - Cenni su alcune opinioni riguardo la natura della matematica: Matematica come costruzione di modelli. Matematica come attivita' estetica (G. H. Hardy, Apologia di un matematico) https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Apologia_di_un_matematico&oldid=73555010 Sull'estetica in generale: E. Cavazzoni, Il limbo delle fantasticazioni, 2009. "Sociologia della matematica" etc. https://en.wikipedia.org/wiki/Sociology_of_scientific_knowledge https://en.wikipedia.org/wiki/Quasi-empiricism_in_mathematics http://plato.stanford.edu/entries/fictionalism-mathematics/ "Platonismo" o "realismo" (si sostiene che gli enti matematici abbiano una qualche "realta'" indipendente, in particolare, dal matematico che li studia) Approfondimenti: K. Godel, Opere. Gabriele Lolli, Filosofia della matematica, 2002. Philip J. Davis and Reuben Hersh, L'esperienza matematica, 1981. Y. I. Manin, A Course in Mathematical Logic for Mathematicians, seconda ed. 2010 Wigner, The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Sciences, Comm. Pure Appl. Math. vol XIII, 1-14 (1960). MSC: http://www.ams.org/msc/pdfs/classifications2010.pdf - Il paradosso di Russell [M, introduzione, p. 10]. Approfondimenti: http://plato.stanford.edu/entries/russell-paradox/ Fredric Brown, Paradosso perduto. https://drjekill88.wordpress.com/2008/01/29/paradosso-perduto/ (1 ott) Secondo E. T. Bell (Men of Mathematics, 1937), i paradossi matematici, che di volta in volta nella storia sembravano eliminati definitivamente, riapparivano una o due generazioni dopo, "diversi, ma sempre gli stessi". In particolare, Bell fa riferimento alle nozioni di infinito, di limite e di continuita' (pp. 22-23, edizione Penguin 1953; p. 21 dell'edizione italiana Sansoni). Vediamo se si puo' trovare un fondo di verita' in questa affermazione. (N.B.: indipendentemente dall'argomento in questione, e' necessario avvisare che la correttezza storica di alcune affermazioni di Bell e' stata talvolta messa in dubbio). - Zenone. Da un punto di vista moderno, il paradosso di Achille e della tartaruga puo' essere interpretato nel senso che, per determinare l'istante in cui Achille raggiungera' la tartaruga, bisogna calcolare il limite di una serie infinita. (A quanto pare, i greci percepivano l'argomento come paradossale perche' non ammettevano la possibilita' di un'infinita' 'attuale', cioe' completamente realizzata.) (Si puo' pero' anche pensare che, a livello microscopico, l'universo segua leggi fisiche completamente differenti, o addirittura che le nozioni di spazio e tempo perdano significato. Approfondimento: D. Oriti, curatore, Approaches to Quantum Gravity, 2009) - Newton, Leibniz, Eulero... metodi non sempre rigorosi Verrebbe spontaneo supporre che l'analisi (continuita', calcolo differenziale, calcolo integrale, etc.) sia stata formulata fin dall'inizio in una maniera molto simile a quella con cui viene trattata al giorno d'oggi. Al contrario, i matematici citati sopra usavano metodi molto meno rigorosi di quelli attuali, e talvolta decisamente insoddisfacenti. In particolare, si consideravano quantita' "infinitesime" che, a seconda delle convenienze, venivano di volta in volta supposte diverse da zero, oppure esattamente uguali a zero. Nonostante il filosofo Berkeley avessse fatto polemicamente notare che assumere che una quantita' fosse contemporaneamente uguale a zero e diversa da zero portava ad un'immediata e plateale contraddizione, l'attivita' matematica era proseguita per molti anni in questo modo poco rigoroso. Vedi M. Di Nasso, I numeri infinitesimi e l'Analisi non standard. http:/www.dm.unipi.it/~dinasso/papers/it1.pdf (la sezione 1 fa parte del programma) Citiamo il sottotitolo dell'Analista di Berkeley: << L'Analista, ovvero Discorso rivolto ad un matematico infedele. Dove si esamina se l'oggetto, i principi e le inferenze del moderno analista siano concepiti piu' distintamente e dedotti in maniera piu' evidente dei misteri della religione e dei dogmi della fede. "Togli prima la trave dal tuo occhio; solo allora potrai vedere cosi' chiaramente da togliere la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello" >> E una frase di D'Alemebert: << una quantita' o e' qualcosa o e' niente: se e' qualcosa, non si e' ancora annullata; se e' niente, si e' letteralmente annullata. Supporre che vi sia uno stato intermedio fra qualcosa e niente e' una pura chimera >> Approfondimenti: Boyer, Storia della matematica (ad esempio, Capitolo 20, Sezione 14; Capitolo 21, in particolare, Sezioni 4 e 8). R. A. Platek, Making computers safe for the world: an introduction to proofs of programs, in "Logic and Computer science", 60-69, Lecture Notes in Mathematics, 1990. - Weiestrass, e quella che viene chiamata "aritmetizzazione dell'analisi". Una sistemazione rigorosa dell'analisi e' stata completata, col contributo anche di altri, da Weiestrass, nella maniera che tutti (noi matematici ;) conosciamo. In particolare, Weiestrass ha dato una definizione rigorosa di limite, senza fare uso dell' "infinito attuale". C'e' da notare che metodi di questo genere erano comunque gia' stati usati nel periodo ellenistico (approfondimento: L. Russo, La rivoluzione dimenticata). C'e' chi sostiene, comunque, che l'evoluzione dell'analisi nel periodo di Weiestrass sia stata determinata soprattutto dall'emergere di nuovi problemi piu' complessi rispetto a quelli precedenti, piuttosto che da una pura e semplice esigenza di rigore. Ad esempio, problemi le cui "condizioni iniziali" erano determinate da una funzione a valori in un intervallo, anziche' da un semplice insieme finito di valori (approfondimento: U. Bottazzini, Il calcolo sublime: storia dell'analisi matematica da Euler a Weierstrass). - Bolzano, Dedekind, Cauchy, Cantor etc. Uso della nozione di insieme. Se la nozione di limite di Weiestrass fa uso solo di un "infinito potenziale", Weiestrass ha comunque fatto uso implicitamente della nozione di insieme, ad esempio, di sottoinsiemi dell'insieme dei numeri reali. Inoltre, mentre la nozione di limite non crea piu' nessun problema "fondazionale", e' difficile sostenere che non si usino procedimenti infiniti per dimostrare l'esistenza di certi limiti. In altre parole, bisogna presentare una costruzione o una definizione non controversa dell'insieme dei numeri reali. Le costruzioni di Dedekind e Cauchy (di cui si spera il discente sia venuto a conoscenza) fanno un uso effettivo e notevole, in una forma o nell'altra, della nozione di insieme. I problemi originari sull'infinito, e poi sugli infinitesimi sono stati quindi semplicemente spostati sulla nozione di insieme. - Kronecker, Poincare'... Controversie sull'uso degli insiemi. I metodi di Cantor e l'uso della teoria degli insiemi non sono stati accettati immediatamente da tutti i matematici (anche se oggi il consenso della maggior parte dei matematici sembra autorizzare, entro certi limiti, l'uso degli insiemi). Il paradosso di Russell non ha fatto altro che acuire i dubbi ed esacerbare le polemiche. Tutto questo verra' esaminato piu' in dettaglio nelle prossime lezioni. Per esemplificare quanto detto sopra, citiamo alcune parti di un articolo di D. Hilbert, Sull'infinito, 1926. << Con le sue penetranti critiche Weierstrass ha fornito un solido fondamento all'analisi classica. Chiarendo molte nozioni, in particolare quelle di minimo, di funzione e di quoziente differenziale, ha eliminato i difetti ancora presenti nel calcolo infinitesimale, lo ha liberato da ogni confusione relativa all'infinitesimale, risolvendo cosi' completamente le difficolta' derivanti da tale concetto. Se oggi in analisi c'e' accordo completo e sicurezza nell'impiego dei metodi deduttivi basati sui concetti di numero irrazionale e di limite, e se si e' unanimi sui risultati raggiunti anche nelle questioni piu' complesse della teoria delle equazioni differenziali ed integrali, nonostante l'uso delle piu' ingegnose e varie combinazioni di composizioni, giustapposizioni e incastri di limiti, tutto cio' e' merito soprattutto dell'opera scientifica di Weierstrass. Tuttavia, malgrado la fondazione del calcolo infinitesimale fornita da Weierstrass, proseguono le dispute sui fondamenti dell'analisi. Tali dispute non sono cessate perche' il significato dell' "infinito", nel senso in cui tale concetto e' usato in matematica, non e' mai stato chiarito completamente. E' vero che l'analisi di Weierstrass ha eliminato l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo, riducendo ogni affermazione su di essi all'affermazione su relazioni tra grandezze finite. Tuttavia, l'infinito compare ancora nella[?] serie numerica infinita che definisce i numeri reali e nel concetto di sistema dei numeri reali, concepito come una totalita' realizzata simultaneamente ed esistente "in atto". Nella sua fondazione dell'analisi, Weierstrass accetto' senza riserve ed adopero' ripetutamente forme di deduzione logica in cui entra il concetto di infinito, come quando si considerano tutti i numeri reali che hanno una certa proprieta' o si afferma che esistono numeri reali che hanno una certa proprieta'. L'infinito percio' ricompare nella teoria di Weierstrass per un'altra via, sfuggendo cosi' all'esigenza di precisione imposta dalla sua critica. Occorre quindi risolvere una volta per tutte il problema dell'infinito, nel senso ora indicato. Proprio come nei procedimenti di passaggio al limite del calcolo infinitesimale l'infinito, nel senso del1'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo, si e' rivelato semplicemente un modo di dire, nello stesso modo dobbiamo renderci conto che l'infinito, nel senso di una totalita' infinita, dove e' ancora usato nei metodi deduttivi, e' un'illusione. Proprio come le operazioni sull'infinitamente piccolo sono state sostituite da operazioni sul finito che danno luogo esattamente agli stessi risultati e alle stesse eleganti relazioni formali, cosi' in generale i metodi deduttivi basati sull'infinito devono essere sostituiti con procedimenti finiti che diano gli stessi risultati, che cioe' rendano possibili le stesse catene di dimostrazioni e gli stessi metodi per ottenere formule e teoremi. Questo e' lo scopo della mia teoria. Essa si propone di dare definitivamente sicurezza al metodo matematico, compito che non fu assolto neppure durante il periodo critico del calcolo infinitesimale. Essa percio' dovrebbe condurre a compimento cio' che Weierstrass sperava di fare con la sua fondazione dell'analisi e verso cui ha compiuto un passo necessario ed importante. [...] Cantor ha sviluppato con notevole successo, in base a questi concetti, la teoria dei numeri transfiniti, e ha inventato tutto un calcolo per essi. Cosi', grazie alla collaborazione tra i giganti Frege, Dedekind e Cantor, l'infinito fu posto sul trono e inizio' un'era di grandi trionfi. Osando il volo, esso ha raggiunto una vertiginosa vetta di successi. Non mancarono, tuttavia, le reazioni. Esse assunsero, in realta', forme molto drammatiche, e furono di tipo analogo a quelle suscitate dagli sviluppi del calcolo infinitesimale. Nella gioia della scoperta di nuovi importanti risultati, i matematici si erano poco preoccupati della validita' dei loro metodi deduttivi. Infatti a poco a poco cominciarono a spuntare fuori delle contraddizioni, causate semplicemente dall'uso di definizioni e di metodi deduttivi ormai abituali. Tali contraddizioni, i cosiddetti paradossi della teoria degli insiemi, sebbene inizialmente sporadiche, divennero gradualmente sempre piu' acute e serie. In particolare una contraddizione scoperta da Zermelo e Russell ebbe un effetto addirittura catastrofico quando divenne nota nel mondo matematico. Di fronte a questi paradossi Dedekind e Frege abbandonarono completamente i loro punti di vista e si ritirarono dalla lotta: Dedekind esito' a lungo prima di permettere la pubblicazione di una nuova edizione del suo trattato "Was sind und was sollen die Zahlen", che a suo tempo aveva fatto epoca, e in un epilogo anche Frege dovette riconoscere che l'indirizzo del suo libro "Grundgesetze der Arithmetik" era sbagliato. La stessa teoria di Cantor fu attaccata da tutti i lati. La reazione fu cosi' violenta che vennero messi in questione anche i concetti piu' comuni e fecondi e i tipi di ragionamento piu' semplici e importanti della matematica e si voleva vietare il loro impiego. Naturalmente l'antico ordine ebbe dei difensori, ma le tattiche di questi ultimi erano troppo timide ed essi non fecero mai un fronte unico nei punti vitali. Furono avanzati troppi rimedi differenti per i paradossi, ed i metodi proposti per chiarirli erano troppo disparati. >> https://www.mat.uniroma2.it/~lipparin/stud/AA1516/Cantor2015.pdf (fa parte del programma) (6 ott) - Metodo "pragmatico" per non cadere nel paradosso di Russell. Zermelo: l'assioma (schema) di separazione al posto dell'assioma di "comprensione". Lo schema di comprensione asserisce che, per ogni "proprieta'" P(x), esiste un insieme A tale che, per ogni x: x sta in A se e solo se vale P(x). (la nozione di proprieta' puo' essere resa precisa, come faremo vedere in seguito). Lo schema di separazione, piu' debole, asserisce solo che, per ogni proprieta' P(x) *** e per ogni insieme y ***, esiste un insieme B tale che, per ogni x: x sta in B se e solo se x sta in y e vale P(x). Assumendo lo schema di separazione, il paradosso di Russell non puo' essere ottenuto; ma non c'e' alcuna certezza che non si possano ottenere altri paradossi, magari estremamente piu' complicati. - Cenni minimi al dibattito sui fondamenti dell'inizio del '900: Brouwer, intuizionismo e costruttivismo, Russell e la teoria dei tipi, Hilbert, il formalismo e il programma di dimostrare almeno che la matematica che fa uso dell'infinito e della teoria degli insiemi e' non contradditoria. [M, introduzione, tranne i paradossi di Richard, Berry e Grelling] Approfondimenti: C. Mangione, La logica del XX secolo, in L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico (il volume sembra essere differente a seconda delle edizioni). G. Lolli, Filosofia della matematica, Anno 2009-10, Il programma di Hilbert, e Godel (1900-1931) http://homepage.sns.it/lolli/dispense09/corso09-1.pdf A. Kanamori, The mathematical development of set theory from Cantor to Cohen, The Bulletin of Symbolic Logic 2 (1996), pp. 1-71, tradotto parzialmente e probabilmente con modifiche: math.bu.edu/people/aki/15.pdf Philosophy of Mathematics, in Stanford Encyclopedia of Philosophy http://plato.stanford.edu/entries/philosophy-mathematics Hatcher, Fondamenti della matematica. Kleene, Introduction to Metamathematics. A.A. Fraenkel, Y. Bar-Hillel, A. Levy, Foundations of Set Theory. G. H. Moore, Zermelo's axiom of choice. P. Maddy, Believing the axioms I e II, Journal of Symbolic Logic, 1988. http://www.socsci.uci.edu/~pjmaddy/bio/Believing%20the%20Axioms%20(with%20corrections).pdf Molto altro materiale puo' essere trovato nella pagina e nei libri di P. Maddy: http://faculty.sites.uci.edu/pjmaddy/ (7 ott) - Il Programma di Hilbert https://www.mat.uniroma2.it/~lipparin/stud/AA1516/il.pdf (fa parte del programma) - Sistemi assiomatici https://www.mat.uniroma2.it/~lipparin/stud/AA1516/sh.pdf (fa parte del programma) - Sistemi formali; teoremi in un sistema formale [M, Capitolo 1, inizio della sezione 4] Approfondimenti: Borga, Freguglia, Palladino, I contributi fondazionali della scuola di Peano. W. Quine, Due dogmi dell'empirismo. (8 ott) I teoremi di incompletezza di Godel (versione relativamente informale). Primo Teorema. Sia T una teoria (a) in cui si possono esprimere alcuni fatti dell'aritmetica elementare dei numeri naturali, e (b) tale che esista una procedura effettiva (algoritmo) per determinare se un enunciato e' un assioma di T oppure no. Allora, se T e' non contradditoria, T e' incompleta, cioe' c'e' un enunciato P (nel linguaggio di T) che non e' dimostrabile, e tale che nemmeno la negazione di P e' dimostrabile. Il teorema vale per sistemi formali in generale, ma in tal caso la "procedura effettiva" deve riguardare anche la possibilita' di applicare o meno le regole di deduzione. NB: si potrebbe pensare di ovviare all'incompletezza aggiungendo la P data dal teorema agli assiomi di T, quindi P diventerebbe dimostrabile. Si noti pero' che la nozione di dimostrabilita' di cui parla il teorema e' relativa alla teoria T (quindi dovremmo dire sempre "dimostrabile in T", al posto di "dimostrabile"). Il teorema e' valido anche per la teoria T' ottenuta aggiungendo P agli assiomi di T. Si ottiene quindi un enunciato P' che non e' dimostrabile in T', e tale che nemmeno la sua negazione e' dimostrabile in T'. Quindi se T e' una teoria che soddisfa (a), T non puo' essere estesa ad una teoria che sia completa e che inoltre soddisfi anche (b), naturalmente, sempre se si richiede la non contraddittorieta'. Secondo Teorema. Sotto le ipotesi del Primo Teorema (ma le assunzioni aritmetiche in (a) sono un po' piu' forti), esiste una formula nel linguaggio di T - che puo' essere intuitivamente interpretata come l'asserzione della non contraddittorieta' di T, e che - non e' dimostrabile in T. Per dare un enunciato preciso del secondo teorema bisognerebbe indicare esplicitamente la formula in questione, poiche', a seconda della formalizzazione all'interno di T della nozione di "non contraddittorieta'", si ottengono formule differenti, e il teorema non si applica a tutte le formule di questo tipo. Chi fosse interessato a maggiori dettagli puo' consultare: P. Raatikainen, Godel's Incompleteness Theorems http://plato.stanford.edu/entries/goedel-incompleteness C'e' inoltre da osservare che, da un certo punto di vista, l'enunciato indecidibile P fornito dal primo teorema di Godel si puo' interpretare come un enunciato che afferma la propria indimostrabilita' (sempre relativamente a T). (Deve essere chiaro che si tratta di un'interpretazione: un enunciato in un sistema formale non e' altro che una sequenza finita di simboli!) Questo "significato" intuitivo di P ne mostra immediatamente l'indecidibilita'. E, sempre intuitivamente, P allora e' vero, essendo effettivamente indimostrabile. Siccome le dimostrazioni all'interno di un sistema formale (proprio per come sono state costruite, e per l'assunzione che gli assiomi siano effettivamente riconoscibili) sono eseguibili "meccanicamente", da "una macchina", e siccome, secondo un'interpretazione del paragrafo precedente, un matematico puo' "vedere" che l'enunciato indecidibile di Godel "e' vero", c'e' chi ha sostenuto che il teorema di Godel mostra una superiorita' degli esseri umani sulle macchine, nel senso che un essere umano potrebbe conoscere la verita' di un'affermazione indimostrabile, e questo va al di la' di cio' che potrebbe fare un automa, che si limiterebbe alle dimostrazioni. Il dibattito sull'argomento (che sembra essere stato originariamente introdotto addirittura da Turing, ma solo al fine di confutarlo) e' stato parecchio acceso, e non si e' raggiunto un parere unanime. Va pero' almeno osservato che l'enunciato indecidibile di Godel P e' intuitivamente vero solo a patto che si assuma la non contraddittorieta' della teoria T. Infatti, in una teoria contraddittoria tutto e' dimostrabile, quindi P, se davvero lo si pensa come un'affermazione della propria indimostrabilita', sarebbe intuitivamente falso. Quindi il matematico che "vedrebbe" la verita' di T, in realta', usa una teoria piu' forte di T (o comunque diversa da T), poiche' usa l'ipotesi che T sia non contraddittoria. Ulteriori informazioni e riferimenti si possono trovare nell'articolo citato di P. Raatikainen. Una selezione molto parziale di lavori e opinioni sull'argomento: Lucas, J. R., 1961, Minds, Machines, and Godel, Philosophy, 36(137), 112-137 D. Hofstadter, Godel, Escher, Bach: un'eterna ghirlanda brillante, 1979. R. Penrose, La mente nuova dell'imperatore, 1989. P. Pudlak, A note on applicability of the incompleteness theorem to human mind, Annals of Pure and Applied Logic, 96 (1999), 335-342. http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S016800729800044X?np=y Un utile elenco di osservazioni e spiegazioni sui possibili (e frequenti) fraintendimenti relativi ai teoremi di Godel si puo' trovare sulla pagina a cura di Torkel Franzen: http://www.math.mcgill.ca/rags/JAC/124/godel.html Riporto un breve estratto: << Godel's theorem doesn't apply to the Bible, to Objectivism, to the English language, to the constitution of the United States, to quantum mechanics, or indeed to anything other than formal systems. Since we use the terms "complete" and "consistent" not only in formal logic, but in general discourse, it's tempting to think that Godel's theorem tells us something about completeness and consistency even when we're talking about the Bible, Objectivism, and so on. However, it does not, for "complete" and "consistent" are not formally defined concepts in such contexts, and mathematical theorems (such as Godel's theorem) only apply where the formally defined concepts used in the theorem can be applied. A formal system has a certain associated formal language, and a set of associated formal axioms and rules of inference. "Formal" here means that the language and the axioms are defined precisely, like the syntax of a programming language, in a way that makes it a mechanical matter to decide whether something is a proof in the system [...] In the case of the Bible, there is no formally defined language, and there are no formally defined axioms or rules of inference. What does or does [[? not]] follow from the Bible is not a mathematical question, but a question of understanding, interpretation, belief, judgment. Similarly for Objectivism, the Constitution, and so on. There aren't any mathematical theorems about what does or does not follow, in any ordinary sense, from the Bible, the Constitution, etc. >> NB: Il termine "consistent" in lingua inglese, nella citazione precedente e, in genere, nei lavori matematici, e' usato nel senso di "non contraddittorio". Ormai l'uso del termine "consistente" e' invalso, con lo stesso significato, anche nella letteratura matematica in lingua italiana, anche se alcuni "puristi" preferiscono il termine "coerente". A scanso di equivoci, e per chiarezza, noi useremo sempre l'espressione "non contraddittorio". NB: Relativamente alla frase "Formal here means that the language and the axioms are defined precisely, like the syntax of a programming language" va notato che, storicamente, le cose si sono evolute nella direzione opposta: sono stati i linguaggi di programmazione a prendere come modello i sistemi formali della logica! - Teoremi di Godel e programma di Hilbert. Si ritiene generalmente che i Teoremi di incompletezza di Godel implichino l'irrealizzabilita' del programma di Hilbert, per lo meno nella sua formulazione originaria. Per inciso, Hilbert aveva richiesto anche l'esistenza di una teoria completa per la matematica (per esempio, parte del secondo problema nella sua famosa lista), ed e' fuor di dubbio che questo sia irrealizzabile, per il primo teorema di Godel. Il problema piu' importante, secondo Hilbert, era comunque di dimostrare la non contraddittorieta' della matematica. L'interpretazione usuale e' che il secondo teorema renda cio' impossibile. Alcuni pero', usando l'osservazione menzionata sopra che non esiste un'unica formula che esprime la non contraddittorieta' della teoria T in cui si dimostra il teorema, e alcune di queste formule sono effettivamente dimostrabili in T, hanno sostenuto che i risultati di Godel non rendono impossibile una realizzazione del programma di Hilbert. Anche se questa e' un'opinione minoritaria, va precisato che il programma di Hilbert richiedeva la dimostrazione della non contraddittorieta' di tutta la matematica in una teoria T "finitistica", quindi in una teoria relativamente "debole". Ora, anche interpretando la discussione precedente nel senso che T possa dimostrare la propria non contraddittorieta', il programma di Hilbert richiederebbe la dimostrazione della non contraddittorieta' di una teoria estremamente piu' potente. Resta comunque la possibilita' della realizzazione di qualche variante del programma di Hilbert. Una dimostrazione della non contraddittorieta' della teoria dell'aritmetica (Aritmetica di Peano) e' stata trovata da Gentzen. Questa dimostrazione non contraddice il teorema di Godel perche' fa uso di altri metodi (dimostrazioni di lunghezza infinta, o, comunque, che usano infinite formule). Nonostante cio', la dimostrazione di Gentzen viene usualmente considerata come "costruttiva". E' difficile sostenere che la dimostrazione di Gentzen possa essere considerata "finitistica" nel senso di Hilbert; puo' essere comunque considerata come una soluzione parziale del suo programma. Anche in questo caso, pero', vale l'osservazione che i metodi di Gentzen sono ancora ben lontani dal riuscire a dimostrare la non contraddittorieta' di teorie quali la teoria degli insiemi: http://mathoverflow.net/questions/144041/proof-theoretic-ordinal-of-zfc-or-consistent-zfc-extensions In una simile direzione, si e' cercato di ridurre la richiesta, e di vedere se ci sono parti significative della matematica delle quali, in un senso o nell'altro, e' possibile dimostrare la non contraddittorieta'. Ulteriori informazioni: Simpson, Subsystems of Second Order Arithmetic.