PROBLEMI MATEMATICI RISOLTI CON METODI LOGICI (PENSIERI INDISCRETI) (novembre '93) Paolo Lipparini Questa e' una versione preliminare che potrebbe contenere imprecisioni o inesattezze. Spero di poter presentare una versione piu' completa. Per adesso i numeri indicano note (che si trovano in fondo). Presto modifichero' la formattazione Si presenta un elenco di problemi di matematica che sono stati risolti (o dichiarati irrisolvibili, in vari sensi) mediante l'uso di metodi di logica matematica. Si abbozza un'analisi dell'impatto (spesso problematico) che questi risultati hanno avuto sulla pratica matematica. Ci si chiede non tanto se l'attivita' di divulgazione della logica fra i matematici venga svolta in maniera sufficientemente ampia, completa, precisa, quanto piuttosto se viene svolta in maniera sufficientemente energica. Molti di noi sono impegnati in una dura lotta: quella per veder riconosciuto alla logica [matematica] uno stato di dignita' pari a quello delle altre branche della matematica1. Credo pero' che, cosi' impostata, sia una lotta troppo di "retroguardia" e, quindi, alla lunga, perdente1a. In realta', come gia' dissi pubblicamente molti anni fa2, la logica, rispetto alla matematica, non e' una pari fra pari3. Lo prova il fatto che moltissimi problemi, posti da illustri matematici non studiosi di logica4, sono stati risolti con metodi logici da studiosi di logica matematica, mentre il contrario e' accaduto molto raramente5. Questi risultati positivi, pero', non hanno portato ad una affermazione della logica5a, ne' ad un riconoscimento unanime della validita' dei suoi metodi; anzi l'effetto e' stato quasi opposto. La spiegazione e' anche abbastanza semplice: i paradossi sorti a cavallo del secolo hanno posto inderogabilmente la domanda: quanto sono solidi i fondamenti della matematica? Gran parte dell'attivita' logica all'inizio del nostro secolo e' nata dal tentativo di rispondere a questa domanda, col proposito, piu' o meno (non) dichiarato (e ingenuo, visto col senno di poi), di ridare una qualche certezza alla matematica6. Ma, soprattutto, queste erano le aspettative della stragrande maggioranza dei matematici (Hilbert fra i primi6a). L'indagine logica ha dato risultati quasi (o totalmente) opposti, ma attenzione: e' stata l'inavvertenza dei matematici ad essere messa in discussione, non la logica!!! Del resto, forse il merito maggiore di Cantor, piu' che di creare nuovi metodi7, e' stato quello di applicare con rigore, coerenza e consequenzialita' metodi sostanzialmente gia' usati da matematici prima di lui [o contemporanei] (es. Weierstrass, Dedekind, Bolzano...), portandoli alle estreme conseguenze. Cosi', anziche' punire l'architetto che ha costruito un edificio poco solido, come sempre e' stato punito l'ispettore che ne ha verificata la fragilita'. La sorte di Ippaso di Metaponto, scopritore dell'esistenza di grandezze incommensurabili, fornisce un paragone calzante. Queste questioni andrebbero messe bene in chiaro sia fra noi8, sia nei nostri rapporti cogli altri matematici: la validita' e l'importanza dei metodi logici deve essere difesa a spada tratta, sia contro chi ci nega la "cittadinanza matematica", sia contro chi, piu' subdolamente, propugna una visione riduttiva del nostro lavoro e/o nega la nostra autonomia pretendendo di dirci quello che dovremmo o non dovremmo fare [Lo, p.2]8a. Lo scopo di questo lavoro non e' comunque una accurata discussione metodologica (o filosofica) di questi problemi, anche se, per necessita', le sezioni 1, 2 e 3 saranno dedicate ad un inquadramento minimale della questione. Piu' modestamente, il nostro scopo e' semplicemente quello di abbozzare (senza alcuna pretesa di completezza) un elenco di problemi matematici risolti mediante la logica; l'uso per cui l'ho pensato, ripeto, e' una specie di "manuale di autodifesa" nei confronti dei matematici. Ovviamente, si tratta di fatti storicamente provabili [salvo miei eventuali e possibili errori]: ciascuno ne faccia l'uso che preferisce (compreso, se vuole, quello di buttarlo). Nota Bene.. (1) La presente versione preliminare e' ancora estremamente incompleta. Ho tuttavia preferito fornirla poiche' "qualcosa" e' sempre meglio di niente. In particolare, [...] denota l'omissione (spudorata, ma dovuta solo a mancanza di tempo) di certi argomenti, oppure l'incompletezza di una discussione. (2) Sia ben chiaro, il mio scopo e' quello di difendere l'autonomia della logica: in particolare, i criteri di valore e le linee di sviluppo future vanno scelti autonomamente dai logici, a prescindere dalle eventuali applicazioni, e dai giudizi di studiosi esterni. Non sostengo affatto, quindi, che si debba dare maggiore importanza a quei metodi di logica che hanno particolare rilevanza con gli argomenti qui discussi, rispetto ad argomenti di logica meno applicabili (v. nota 18). Al contrario, sono sempre stato fortissimamente convinto che ciascuno debba seguire le linee di ricerca che gli appaiono piu' interessanti, indipendentemente dalle pressioni esterne (che, spesso, si traducono in veri e propri ricatti). Un'ulteriore precisazione, che in teoria non sarebbe necessaria: si tende quasi sempre a dare per scontato che, in articoli divulgativi (o, quanto meno, non tecnici), lo scrivente non faccia altro che "fare pubblicita'" alle sue ricerche. Ci tengo a precisare che nessuno dei risultati che ho ottenuto finora nell'ambito della logica e' mai stato utilizzato in applicazioni ad altri campi della matematica; ne' ci tengo particolarmente a che succeda. (3) Inoltre, considero questa versione quasi come un "documento interno" rivolto ai logici. Affinche' una disciplina venga considerata definitivamente affermata, non basta che essa susciti l'interesse degli specialisti in altri campi (questo, per la logica, era gia' successo agli inizi del secolo); ma e' anche indispensabile che questa nuova disciplina si dimostri necessaria per risolvere questioni esterne appartenenti ad altri settori. Lo scopo del mio lavoro e' appunto quello di far notare che questo, per la logica, e' effettivamente successo. La storia abbonda di esempi, sia di nuove discipline che hanno superato entrambi gli ostacoli, sia di discipline che, al contrario, dopo un breve periodo di furore, non hanno superato il secondo ostacolo, e sono subito finite nel dimenticatoio. (4) In base alle finalita' puramente esortative di questo seminario, ho presentato solo le mie convinzioni ed analisi meno radicali. Ci si preoccupi, quindi, se non si conviene sulla tesi principale delle mie argomentazioni. La funzione delle abbondanti note sara' soprattutto quella di allontanare ogni possibile equivoco sulla mia tesi, e, marginalmente, di accennare molto brevemente ad ulteriori considerazioni. õ1. Le reazioni dei matematici alle scoperte dei logici. Sicuramente, la prima reazione della stragrande maggioranza dei matematici ai paradossi e alle scoperte paradossali dei logici e' stata quella di continuare a svolgere la loro attivita' come se niente fosse9, magari con un po' di sconcerto iniziale e, al massimo, con un benigno riconoscimento del lavoro svolto dai logici10 per chiarificare certi aspetti. Indubbiamente, non vedo come si possa biasimare l'atteggiamento sopra descritto: in fondo, il paradosso di Russel non nega l'esistenza di R, o dell'insieme potenza di N; ne' tantomeno il teorema di G”del afferma che l'aritmetica di Peano e' contraddittoria. Non si puo' chiedere ai passeggeri di abbandonare una nave che non sta affondando solo perche' si riconosce che "potrebbe" affondare (del resto, le varie "zattere" costruttiviste, logiciste,... non hanno affatto dimostrato di saper tenere meglio il mare!10a). Tuttavia, a volte, l'atteggiamento menzionato ha assunto forme estreme di autoesaltazione, osannando incondizionatamente la "pratica matematica" come unico valore, sostenendo, cioe', che tutto cio' che fa un matematico e' giusto, poiche' e in quanto fatto da un matematico.11 Ovviamente, non posso accettare questa estremizzazione, innanzitutto poiche' i matematici non sempre sono tutti d'accordo su cio' che andrebbe fatto e in che modo, sia perche' cio' che appare "corretto" in un'epoca, puo' apparire grossolano ed errato in periodi successivi. Piu' dettagliatamente, e' caratteristico della matematica fissare le proprie regole "a priori", e non "a posteriori". Ad esempio, non si possono considerare tutte le serie come se fossero convergenti, scartando poi i casi che portano a conclusioni assurde, come veniva fatto nel '600: bisogna decidere "prima" e non "dopo" se una serie e' convergente, come ha fatto Gauss e si fa in analisi moderna. Come gli analisti del '600, il matematico comune di oggi continua a vivere nel paradiso cantoriano, anche se questo non esiste piu' (o, se si preferisce, solo noi logici ne abbiamo la chiave), scartando a posteriori i ragionamenti che portano a contraddizioni, senza saper dire, pero', quali ragionamenti sono accettabili e quali no. L'atteggiamento del "fare come se niente fosse", pero', viene scosso tragicamente quando alcuni problemi chiaramente matematici vengono risolti (o dimostrati irrisolvibili--le precisazioni nella prossima sezione) usando metodi essenzialmente logici. A questo punto, l'unica strada percorribile dall'ordinario "matematico lavoratore" (working mathematician) e' quella di negare assolutamente valore a quei problemi o, se e' "benigno" nei confronti della logica, di affermare che sono, si', problemi interessanti, ma problemi di "logica", e non di algebra, topologia, o analisi (e questo, ripeto, nonostante alcuni di questi problemi fossero stati posti da illustri algebristi, topologi,...; torno altresi' a ripetere che la distinzione fra "logica" e "non logica" e' puramente indicativa, ma tuttavia significativa, almeno in casi estremi; vedi nota 4). L'esaltazione del "mestiere" si traduce, poi, in un'assunzione ontologica abbastanza arbitraria: i numeri "Reali" "esistono", quindi non possono dar luogo a contraddizioni, ne' tantomeno ad ambiguita'; i numeri cardinali (infiniti) "non esistono", ed e' quindi ovvio che non siamo in grado di decidere tutte le loro proprieta'11a (e se portano a contraddizioni, tanto peggio per quei malati di regressione infantile che li studiano).12 Ciononostante, i logici vengono "incolpati" di non aver saputo dare una risposta, per esempio, al problema dell'ipotesi del continuo (CH). La fiducia dei matematici nella graniticita' dei Reali e' tanto immensa che, quando si spiegano loro i risultati di G”del e Cohen, dicono: si', puo' essere vera e puo' essere falsa, ma nei Reali "veri" vale o non vale?13 Vorrei chiedere loro, visto che hanno un'"intuizione" cosi' limpida di quello che sono i Reali, perche' non riescono a percepire da soli la verita' o la falsita' di CH!14 Effettivamente, nonostante tutte le rigidita' del matematico ordinario, l'arbitrarieta' della scelta delle fedi matematiche traspare sempre piu' chiaramente e, ai giorni nostri, sta diventando ineludibile. La via di fuga odierna piu' comune e' il rifugiarsi nell'"algoritmico", nel "costruttivo", nel "pratico".15 Ma proprio qui la logica gioca un ruolo ancor piu' fondamentale, ed e' assolutamente insostituibile (per l'analisi e la matematica "classica" era sostituibile solo apparentemente): si devono ai logici la chiarificazione su cosa si debba intendere per algoritmico, effettivamente calcolabile, indecidibile... Il destino finale di chi ha voluto a tutti i costi fuggire dai paradossi logici e' di trovarsi invischiato ancor piu' inesorabilmente nella logica! [Sof] Ma non manca il desiderio di vendetta: siccome gli "algoritmici" hanno deciso volontariamente di abbandonare il paradiso cantoriano, vogliono imporre questo anche a noi15a. Anzi, pretendono addirittura che rinneghiamo la logica stessa e le nostre radici culturali: "Il biglietto di ingresso al ballo di corte matematico era stato acquistato dalla logica a prezzo di bandire ogni riferimento filosofico"; "per diventare matematica, la logica ha dovuto pagare un suo prezzo, in quanto la logica matematica ha abbandonato ogni pretesa di fornire alla matematica i suoi fondamenti." [Ro] La mia tesi e' che, in questo allegro (ma non troppo) ballo di corte, casomai ci stiamo facendo la parte degli sguatteri, ma ammetto che (per quello che riguarda l'estero) le parole di Rota potrebbero avere un qualche (piccolissimo) fondamento di verita'. Cio' che invece e' palesemente falso e' che la logica abbia abbandonato ogni riferimento alla filosofia e ai fondamenti: tutt'altro, "la filosofia paga"; si pensi solo a H. Friedman che ha vinto il premio proprio per il suo contributo ai fondamenti [HMSS]. (e, di nuovo, a parte il fatto che la logica ha dimostrato che il problema dei fondamenti non puo' essere risolto senza un atto di fede, e, non solo, ha saputo esprimere queste considerazioni anche sotto la forma tecnica di teoremi, che, per inciso, sono poi stati usati per applicazioni insospettabili, come il "problema dell'alt", e cosi' via; di nuovo, nessuno si vuole rendere conto delle conseguenze dei teoremi di G”del). õ2. Indecidibilita' e indipendenza. Sicuramente, cio' che disorienta maggiormente il matematico comune sono i problemi e i risultati di indipendenza (l'esempio classico, cui ho gia' accennato, e' l'ipotesi del continuo). In realta', pensando a lungo alla questione, sono giunto alla conclusione che non tutte le colpe vadano attribuite ai matematici (e neanche all'estremo tecnicismo di cui si sono rivestite certe questioni15b), ma che anche noi logici tendiamo troppo a rinchiuderci nella nostra "torre formale"15c, e ci dimentichiamo di quando eravamo bambini (pardon, solo matematici) anche noi. In realta', i matematici sono davvero molto platonici, mentre il nostro atteggiamento "ufficiale" e' quasi sempre formalista: ci siamo rivestiti di formalismo per attenuare le critiche degli [scettici]16, inimicandoci pero', in questo modo, i matematici. Se mi si permette un paragone, la discussione fra un logico e un matematico spesso somiglia ad una possibile discussione fra un fisico e un matematico16a: il fisico chiede la soluzione di un'equazione differenziale (possibilmente non solo la dimostrazione di esistenza e unicita', ma anche qualche algoritmo di calcolo), e il matematico rigorista gli spiega che non si puo' scrivere dx e dy perche' gli infinitesimi non sono sufficientemente rigorosi, che deve imparare i metodi di Weierstrass e che solo dopo si potra' parlare di quella data equazione differenziale. (a parte la considerazione, poi, che Robinson ha dimostrato che e' ammissibile e rigoroso usare gli infinitesimi) [...] Sono comunque necessarie precisazioni. Prima, l'indecidibilita'. Sotto un certo aspetto, il teorema di G”del non sembra essere stato pienamente recepito: il suo richiedere un atto di fede. Beninteso (e forse qualcuno cade ancora in questo equivoco), l'atto di fede nell'"esistenza"--se si vuole, coerenza--dei naturali e' gia' necessario anche solo per poter dimostrare il Teorema di G”del!16b Quindi anche se, coi metodi dell'aritmetica, si fosse dimostrata la non contraddittorieta' dell'aritmetica, si sarebbe ottenuto ben poco.17 La conseguenza del teorema di G”del che non e' stata recepita, e che va discretamente contro il senso comune matematico, e' che e' necessaria una fede maggiore nel credere ai reali, piuttosto che all'aritmetica (e una fede ancor piu' grande per credere a ZF, ai cardinali misurabili,...17a) Invece, per il matematico, i Reali sono altrettanto reali quanto i naturali! Sicuramente, il teorema di G”del vola alto, "ci parla di Dio", e non e' cosi' terra terra come una qualunque dimostrazione di indipendenza. Nonostante cio', i matematici hanno "digerito" il teorema di G”del sotto un'altra forma: l'esistenza di problemi non risolvibili algoritmicamente. Questo non urta troppo il matematico: cosi' come si ammette l'infinito come versione estrema del "molto grande" (cf. [Lo] per un'introduzione ad aspetti di "feed back" dell'infinito sul finito), si puo' concepire l'indecidibile come iterazione infinita del molto molto... molto...difficile da risolvere. [...] E' quindi importantissimo porsi la domanda: perche', seppur con certe limitazioni, il matematico "comune" e' riuscito a digerire il teorema di G”del e, invece, non digerisce, ad esempio, l'indipendenza (e non contraddittorieta') dell'ipotesi del continuo? Indubbiamente, anche qui c'e' un ostacolo dovuto ad un errore nel "senso comune" matematico: cioe' che i Reali siano "assoluti" (nel senso tecnico). Egli percepisce tanta oggettivita' nei Reali, nell'insieme delle successioni di cifre da 0 a 9, che non riesce a comprendere come si possano "aggiungere" o "togliere" Reali da un modello di ZF. Quando gli si dice che CH puo' essere vera cosi' come puo' benissimo essere falsa, egli pensa a qualcosa come a un "modello non standard". Non ha nessun problema, ad esempio, a concepire un modello che soddisfi alla teoria dell'aritmetica, ma che non sia isomorfo ad N. Anzi, gli ordini lineari e gli ordinali sono nati piu' o meno in questo modo, indebolendo alcune proprieta' di N, l'insieme ordinato piu' noto. Pero', e' N che resta standard. E cosi', il nostro matematico non ha nessuna difficolta' a concepire un insieme di Reali in cui CH vale, e uno in cui e' falsa. Ma, poi, non puo' trattenersi dal chiedere: e nei Reali "veri", vale o non vale CH? In realta', questa domanda puo' avere un senso, anche estremamente preciso, a seconda del punto di vista di ciascuno, ed anche quando non ci si ponga in una posizione filosofica strettamente platonista (v. [Mad1, p.762]). La prima cosa da spiegare prima di qualsiasi discussione, comunque, e' quale senso si intenda dare a questa domanda. Come ho gia' detto, non credo che le costruzioni di G”del o Cohen si possano paragonare, ad esempio, alla "curva di Peano". [...] In realta', pero', la risposta che i logici danno ai matematici e' di un formalismo esasperato: noi abbiamo dimostrato non contraddittorieta' e indipendenza: fate voi. Tuttavia, ammesso che si dia un senso alla verita' o falsita' di CH, ci si deve anche porre la questione se CH sia un problema di logica, di matematica, o parzialmente dell'una e dell'altra. [...] Paragone: il rapporto tra fisica e matematica non e' stato di questo tipo quando si e' posta la questione: qual e' la geometria dell'universo? (N.B.: in questo caso, il modello "standard", la geometria euclidea, sembra non essere quello "vero"!) [...] õ3. Premessa metodologica. Lo scopo di questo lavoro, quindi, e' di presentare un elenco di problemi "matematici" risolti dal "logici", col fine esplicito di avvalorare la parita' di diritti. Non pretendo, naturalmente, che l'elenco che segue sia completo: piu' che a scelte o preferenze particolari, le omissioni saranno dovute a mia ignoranza; e, naturalmente, sono pronto a ringraziare chiunque abbia suggerimenti riguardo ad eventuali aggiunte. Cerchero', inoltre, nei limiti delle mie possibilita', di soffermarmi piu' ampiamente su argomenti per i quali non siano disponibili fonti di carattere specificatamente divulgativo od introduttivo.18 Per metodi logici intendero' quei metodi che possono riferirsi ai settori 03 e 04 della classificazione AMS (qualcuno puo' percepire o puo' avere in passato percepito un forte divario fra la logica formale e la teoria--piu' o meno intuitiva--degli insiemi: Cantor contro Boole, Peano contro Zermelo...; cio' non toglie che, attualmente, vi siano forti sinergie fra i due campi, ammesso che sia possibile ancora una precisa distinzione). Per matematici intendero' quei problemi che non riguardino esplicitamente i detti settori di discipline; come eccezione, considerero' pero' anche quei problemi che abbiano qualche stretta connessione con altre branche della matematica, o che siano stati presi in considerazione da matematici [illustri] (ad esempio, i problemi di Hilbert). Anche il termine problema verra' considerato in modo abbastanza elastico (e, del resto, e' molto difficile capire, salvo casi particolari, se una questione sia stata posta esplicitamente come problema, e da chi). In generale, prendero' in considerazione questioni risolte (ma anche enunciati dimostrati) usando la logica, dalla cui formulazione risulti completamente inaspettata un'influenza della logica sul risultato; e questo anche se la questione non era stata posta esplicitamente come problema. Inoltre, se conveniente, al posto del problema originario, potro' parlare di una sua forma generale (ad esempio, trattero' insieme l'ipotesi del continuo, l'ipotesi generalizzata e, piu' generalmente, l'aritmetica cardinale). Come spiegato, cerchero' di insistere maggiormente sulla soluzione di problemi posti da non logici; non mi atterro' tuttavia ferreamente a questa regola. Naturalmente, parlero' anche di problemi posti da logici e che sono stati considerati importanti da matematici. Per risolte, considerero' anche questioni dimostrate indecidibili, indipendenti da (e non contraddittorie con) ZFC, o, almeno, di cui sia stata trovata la "consistency strength". Questo e' il massimo che si possa ottenere da un punto di vista strettamente formalista; non nego certo valore alle discussioni piu' o meno informali, piu' o meno filosofiche volte ad accertare l'attendibilita', la verosimiglianza, la desiderabilita'... della verita' di queste questioni "indecidibili"; anzi, l'aspetto "filosofico" di questi problemi e' un punto di forza della logica. Certamente, una dimostrazione di non contraddittorieta' e' comunque indispensabile, e' la base su cui si possono iniziare ragionamenti di altro tipo (cosi' come e' stato necessario, ad esempio, dimostrare l'ammissibilita' delle geometrie non euclidee, costruendone un modello) õ4. La logica e' necessaria anche solo per iniziare a studiare matematica! In molti libri di testo recenti si tende a presentare la teoria degli insiemi esclusivamente come un sistema di notazione universale, come un comodo linguaggio20. Questo posizione sarebbe ammissibile, diciamo, per gli usuali programmi dei corsi di Algebra e Geometria I, per la combinatoria finita, per argomenti di algoritmica (ma qui altre parti della logica giocano un ruolo fondamentale). Non appena si incontrano argomenti piu' avanzati di Algebra (ad esempio: chiusura algebrica di un campo, esistenza di ideali massimali, iterazioni transfinite di certe serie,...) emergono problemi sostanziali, e non di forma, che riguardano gli insiemi (soprattutto, ma non solo, l'assioma di scelta21 e gli ordinali). Per quanto riguarda la Topologia, non e' necessario discutere: la stessa definizione di spazio topologico richiede una fede ontologica sull'esistenza di insiemi potenza (e, in fondo, e' proprio la topologia ad essere stata sommersa da un mare di risultati di indipendenza). Per quanto riguarda l'analisi, naturalmente, il problema e' ancor piu' grosso. Che noi abbiamo o meno un'intuizione di cosa sono i numeri Reali, questa intuizione non e' innata! (lo prova il fatto che i pitagorici e i greci percepissero come una contraddizione l'irrazionalita' di V2; vedi anche [Be, p.427]) Quindi una giustificazione e, se possibile, una costruzione dei numeri Reali sono necessarie. Darne una presentazione assiomatica, come molti autori fanno, e' un modo per eludere il problema: per quanto problematica sia la costruzione di Dedekind (o altre costruzioni simili) e' sempre piu' intuitiva di una presentazione assiomatica, ci spiega meglio come sono fatti i Reali, ci da qualche motivazione in piu' per credere alla loro esistenza e, soprattutto, pone in chiaro (ed, in fondo, e' questa la vera "nota dolens" che gli "struzzi" analisti si rifiutano di vedere e di prendere in considerazione) quali sono le vere assunzioni ontologiche che facciamo e di cui abbiamo necessita' (naturalmente, non e' necessaria tutta ZF: cf. [Sim]). Ripeto che queste assunzioni sono state fatte (implicitamente o meno) dai matematici, e studiate dai logici: se queste assunzioni nascondono contraddizioni, rei sono i matematici. Sfuggire il problema (in se' abbastanza chiaro) ed occultarne la radice fa nascere falsi problemi, oscuri e apparentemente incomprensibili, e alla fine porta alla rovina22. Non intendo dire, con questo, che sia necessario insegnare la versione assiomatica di ZF al primo anno di matematica, tutt'altro, sarebbe inutile e dannoso. Ma certe questioni e certe assunzioni vanno messe bene in chiaro fin da subito: non si puo' dare niente per scontato in matematica23, tanto meno la nozione che verra' usata maggiormente, quella di insieme: non credo sia possibile fare la matematica (come, invece, al giorno d'oggi, qualcuno vorrebbe) senza spendere qualche parola sulla nozione intuitiva di insieme, e sulle necessarie costruzioni di insiemi a partire da altri insiemi. Ripeto: non c'e' bisogno di una rigorosa teoria formale e assiomatica, ma un approccio di base (ad esempio come in [Ha]) e' assolutamente inevitabile: ad esempio, [Ha] sostiene che bisogna "impadronirsene fino a poterla usare quasi senza sforzo cosciente", "chi voglia diventare un matematico deve conoscerne almeno un po'. Eccola qui, leggetela, assorbitela e seppellitela nella vostra coscienza". E' tanto ben riuscito che i nostri matematici non se ne accorgono proprio piu', di stare usando gli insiemi! Cio' non toglie che potrebbero almeno degnarsi, di fronte agli studenti del primo anno, di esplicitare per un attimo le loro introiezioni inconsce24. õ5 L'assioma di scelta In un certo senso, tutti i risultati di matematica per la cui dimostrazione sia necessario l'assioma di scelta dovrebbero essere considerati come applicazioni della logica alla matematica (anche se questo puo' sembrare esagerato). Sicuramente, e' stato un lavoro importante e chiarificatore il dimostrare che alcune conseguenze dell'assioma di scelta sono effettivamente ad esso equivalenti, oppure che sono equivalenti a qualche sua forma debole (scelta numerabile, scelte dipendenti...). Sull'uso dell'assioma di scelta si possono consultare [Ba, B3, õ4, õ8; B3, p.375]; [Je]; [RR] Su conseguenze di certi assiomi che contraddicono l'assioma di scelta: [Ba, B2 õ10]; [So] [KM] õ6. Indecidibilita' Applicazioni della ricorsivita' alla teoria della computabilita' (in particolare, il problema dell'alt): [Ba,C1]; [Rog]. [...] Esiste una vastissima letteratura sull'argomento, e l'attivita' di ricerca prosegue energicamente. L'argomento non verra' sviluppato ulteriormente, soprattutto per ignoranza di chi scrive. E' da notare, comunque, che la teoria della ricorsivita' e' stata sviluppata, inizialmente, con motivazioni di tipo abbastanza "filosofico" (soluzione del II Problema di Hilbert), e, ad ogni modo, ben prima dell' [uso diffuso] dei calcolatori elettronici. õ7. I problemi di Hilbert. Sicuramente, l'elenco piu' famoso di problemi matematici e' quello presentato da Hilbert al Congresso Internazionale dei Matematici del 1900. La logica puo' vantarsi di aver risolto (od essersi rivelata indispensabile per risolvere) almeno 3 di questi problemi. - Problema I (ipotesi del continuo) e aritmetica cardinale. Ipotesi del continuo [Ba, B3 õ3]; [Sier] Aritmetica cardinale [She3]. [...] - Problema II. [...] - Problema (equazioni diofantee) [...] - Problema XVII (e Congettura di Artin): il 17ø Problema di Hilbert e' stato risolto da Artin nel 1927, senza usare metodi di logica matematica; susseguentemente, pero', A. Robinson, usando idee di teoria dei modelli, trovo' un'altra dimostrazione piu' semplice e concettualmente piu' chiara ([Ba A4, õ1 e õ2]; e' da notare che Jacobson in [Ja] usa questo approccio). Le idee di Robinson si sono pero' rivelate indispensabili nella soluzione (per tutti i primi tranne un numero finito: [AK], [Er]) della Congettura di Artin, dove "le complicazioni principali sono algebriche, e la teoria dei modelli ci fa da guida fra queste complicazioni" ([Ba, p.150]; vedi anche [Ba, A3 õ9]). I concetti introdotti da Robinson (strutture esistenzialmente complete) sono applicabili a qualunque tipo di strutture algebriche; per gruppi e corpi, pero', i risultati ottenuti sono di natura sostanzialmente negativa (nel senso che le strutture considerate diventano estremamente complesse), e non sembra che abbiano avuto la stessa influenza sugli algebristi [Ba, A4 õ5] [HW]. Cio' tuttavia, a mio parere, non toglie valore matematico a questi ultimi risultati. õ8. Analisi "non-standard". Non so chi (forse Leibniz), prima di A. Robinson abbia posto esplicitamente la domanda "E' possibile dare una veste rigorosa al metodo degli infinitesimi?". Sicuramente, Weierstrass insieme a tutta l'analisi moderna hanno sostenuto abbastanza esplicitamente una risposta totalmente negativa (e' da notare, comunque, che nella maggior parte dei testi di fisica si usano effettivamente grandezze infinitesime, e con notevole vantaggio del discente; e' anche da notare che Newton, per evitare possibili critiche ai suoi risultati, ha tradotto tutto in forma geometrica: ad esempio, la derivata di una funzione diventa la tangente a una curva [Be]) La risposta corretta, fornita da Robinson, e' invece che l'uso degli infinitesimi e' effettivamente ammissibile; non solo, ma questo semplifica certe questioni, e fornisce una sistemazione concettuale migliore (tanto per citare un esempio, la "delta" di Dirac torna ad essere una funzione--meglio, una classe d'equivalenza di funzioni--e non c'e' bisogno di introdurla come "funzionale" [Rob]) Naturalmente, il matematico "Realista" dira' che quello di Robinson e' esclusivamente un trucco formale e che gli "infinitesimi" naturalmente "non esistono". A questo e' facile rispondere che, per alcuni secoli, anche i numeri "immaginari" venivano considerati come un trucco formale: cosa sarebbero, adesso, la matematica (e la fisica!) senza i numeri complessi? (lo si vada a dire, ad esempio, ai geometri algebrici). In fondo, un tempo, anche i numeri negativi (e gli stessi numeri "Reali") venivano concepiti come entita' immaginarie. Cio' che in un'epoca e' "immaginario" diventa in seguito fin troppo "reale"! Sicuramente questo accadra' anche per gli infinitesimi di Robinson: G”del chiama l'analisi non standard "l'analisi del futuro". A parte la possibilita' (o desiderabilita'?) di, invece, un futuro senza analisi, e' molto piu' significativo cio' che G”del afferma subito dopo: "un'altra ragione ancora piu' convincente [oltre a quella che l'analisi non standard semplifica certe dimostrazioni] e' la seguente: l'aritmetica inizia con gli interi, e prosegue successivamente allargando il sistema dei numeri mediante i razionali, i negativi, gli irrazionali. Ma il passo successivo, abbastanza naturale, e cioe' l'introduzione degli infinitesimi e' stato tralasciato". [Rob] õ9 Teoria descrittiva degli insiemi. [...] õ10 Applicazioni degli ultraprodotti. Applicazioni degli ultraprodotti all'algebra vengono ampiamente descritte in [Ba, A3]. Purtroppo, non viene menzionato l'importantissimo teorema di B. Jonsson sulla struttura delle varieta' distributive [Jo], teorema fondamentale, ad esempio, per lo studio delle varieta' di reticoli. Recentemente il teorema e' stato generalizzato per le varieta' modulari, e questa nuova versione ha svolto un ruolo determinante per la soluzione di molti problemi di Algebra Universale ([FMK], [Gu]; e' da notare che l'applicazione degli ultraprodotti nella dimostrazione del teorema di Posner [He, Ch.7] e' sostanzialmente una versione semplificata del teorema di Jonsson). Naturalmente vi sono moltissime applicazioni degli ultraprodotti in quasi tutti i campi della logica, e queste applicazioni sono state a volte fondamentali per risolvere problemi matematici: ad esempio, gli ultraprodotti forniscono un modo naturale (alternativo al teorema di compattezza) per costruire modelli non standard; oppure, gli ultraprodotti intervengono addirittura nella definizione di molti fra i grandi cardinali, e certe ipotesi o congetture si sono mostrate esattamente equiconsistenti con l'esistenza di questi cardinali. Particolarmente significative (e abbastanza stupefacenti) sono le recentissime applicazioni degli ultraprodotti all'aritmetica cardinale ([She3]; [BM]; alcuni libri annunciati di Shelah). Non credo che siano state completamente comprese le ragioni di questa messe di applicazioni degli ultraprodotti: a mio parere non sono sufficienti a spiegarlo ne' il teorema di Los, ne' le proprieta' funtoriali della costruzione [Ba, A3 õ4]. Un aspetto che e' stato sicuramente sottovalutato e' che gli ultraprodotti sono un eccellente mezzo per comprendere le influenze "algebriche" che hanno gli assiomi di teoria degli insiemi: ad esempio, costruire un'ultrapotenza mediante un ultrafiltro non principale significa applicare l'assioma della scelta (necessario per rendere massimale un filtro), anche se, apparentemente, l'[uso] dell'ultrapotenza puo' apparire abbastanza "costruttivo". Una volta incorporato l'assioma della scelta nell'ultrafiltro, non c'e' piu' bisogno di usarlo! Un discorso completamente analogo vale per i cardinali misurabili, e altri grandi cardinali. õ11 Altri problemi di algebra. Applicazioni del teorema di compattezza alla teoria dei gruppi infiniti (ad opera di Mal'cev... [Rob*]). Le ipotesi di stabilita' [ ] possono essere pensate come "condizioni di finitezza": e' molto naturale aspettarsi applicazioni ben piu' consistenti (e che suscitino maggior interesse fra gli algebristi) di quelle che ci sono state fino ad ora. Il problema di Whitehead.[Ek];[She1];[Fu]. [...] õ12 Altri problemi di Topologia L'ipotesi di Suslin. [Ba, B3 õ4]; [DJ]; [Ru]; [KV, cap.6] Uso della teoria combinatoria degli insiemi per risolvere problemi sulle funzioni cardinali in topologia [KV, cap.1]. Soluzione di una congettura di Borel sugli insiemi fortemente di misura zero [KV, cap.5]. [KV, cap.6 õ5, õ8]: soluzione di problemi posti da Countryman, Kurepa, Jech, Sikorski. Influenza della "singular cardinal hypothesis" (versione molto debole di GCH) su problemi di topologia [KV, cap.24, õ7.9]. Problema di Markov [KV, cap.24, õ9]. õ13 Altri problemi di analisi. [Sc] risolve un problema di Kuratowski [Ba, A7, p.235] Estensioni della misura di Lebesgue [Ul, III];[KM, p.207]; [Sol];[KV, cap.24 õ4; cap. 22]; [Je1] N O T E (1) Naturalmente, si puo' sostenere che la logica gode gia' di dignita' sufficiente, o, se si preferisce, del massimo di dignita' ottenibile. E, ovviamente la situazione varia da paese a paese, e probabilmente la mia visione non troppo ottimista e' influenzata da quel che succede "qui ed ora". Del resto, e' da dire che uno dei piu' noti ed accesi sostenitori della parita' dei diritti dei logici (ha sostenuto ad esempio che "godono di pieno diritto di voto nelle assise matematiche" [Lo]) ha altresi' affermato: "La logica matematica non era tenuta in grande considerazione a Princeton, allora [ai tempi di A. Church] come adesso" [Ro]. Attribuisce anche a J. Kemeny la seguente affermazione "Non vi e' alcuna ragione perche' un grande matematico non possa anche essere molto intollerante. Considera come uno dei piu' grandi matematici viventi, Alonzo Church, viene trattato dai tuoi insegnanti a Fine Hall" (Rota commenta, fra l'altro: "I matematici hanno sempre trovato rivoltante il senso comune di Kemeny"). Sulle posizioni di Rota diro' altro in seguito. Come altro esempio, tutto italiano stavolta, vorrei far notare che la condizione del Corso di Logica Matematica e' del tutto irrilevante all'interno dell'Ordinamento del Corso di Laurea in Matematica: non e' affatto obbligatorio attivarlo, e neanche gli studenti dell'indirizzo didattico sono obbligati a frequentarlo, nonostante, giustamente, i programmi delle Medie Superiori siano stati rivisti e sia stato dato un discreto spazio alla logica. Si puo' calcolare, molto approssimativamente, che dei futuri insegnanti di matematica alle superiori, solo un decimo avra' seguito un corso di logica (tenuto conto del fatto che anche i laureati in fisica sono ammessi a insegnare matematica). Come possa, una persona che si dichiara "logica", accettare tranquillamente questa situazione assurda (o addirittura parlarne in termini trionfalistici, cf. NdL, XI, 2-3-4, p.15) non riesco proprio a capire. Anzi, a questo punto sarebbe forse meglio che la logica non venisse insegnata alle superiori, se ci dovremo trovare di fronte a docenti che in tutta tranquillita' instilleranno nei discenti la nozione che "l'intersezione fra l'insieme delle giornate di pioggia e quelle di sole e' l'insieme delle giornate nuvolose". Sulla dignita' della logica sono interessanti anche alcune lettere di G. Lolli su "Notizie di Logica", concernenti il "Fattore L". Per inciso, non sono pienamente convinto di cio' che sostiene qualcuno, cioe' che all'estero le cose vadano molto meglio, per lo meno in Europa. E' curioso, a proposito, che nel paese in cui si da' dichiaratamente un peso estremo a questioni applicative (gli Stati Uniti), si sia sviluppata una fiorente scuola di teoria degli insiemi, riguardante argomenti astratti e privi di applicazioni concrete immediate (sviluppatasi, comunque, soprattutto ad opera di immigrati europei). (1a) So benissimo che c'e' chi considera questa lotta effettivamente come una causa persa, e cerca di inseguire altre opportunita'. Personalmente, ritengo molto giusta questa lotta, anche proprio dal punto di vista dell'opportunita'; e, personalissimamente, ritengo molto dannosi, nei tempi medi e lunghi, certi altri atteggiamenti diversi e/o opposti. Il punto importante, pero', e' che in questo seminario non sto facendo un discorso di opportunita': se si ammette (come io pretendo che si ammetta) che la logica e' estremamente importante per la matematica, va preteso che questa importanza venga riconosciuta. (2) Se non erro, nel I Incontro di Logica Matematica a Siena, nel gennaio 1982.. (4) E' ovvio che la distinzione fra "logici matematici" e "matematici non logici" e' abbastanza arbitraria e poco significativa, cosi' come, sotto certi aspetti, si puo' negare che esista un confine ben delimitato, ad esempio, fra "logica matematica" e "filosofia della matematica". E' ovvio che anche la distinzione, seppur gia' piu' precisa, fra metodi logici e metodi "ordinari" di matematica lascia un po' a desiderare; e il sottoscritto si troverebbe molto in difficolta' se gli venisse chiesto di dare una definizione estremamente precisa di "logica matematica". Nonostante queste precisazioni, credo che resti valido il nocciolo del mio discorso: se un matematico, unanimemente riconosciuto come grande topologo, grande algebrista... pone un problema, e questo problema viene risolto con metodi universalmente riconosciuti come "logici", non si puo' accettare che i topologi, gli algebristi... neghino, a posteriori, che si trattasse di un reale e significativo problema di topologia, algebra... (5) Del resto, sembra scontato che i manuali di storia della matematica del XXI secolo riserveranno ampio spazio alla logica matematica. Sicuramente, il nome di G”del vi sara' menzionato: si puo' dire altrettanto di altri tronfi caporioni della matematica contemporanea? (5a) "sembra non ancora generalmente acquisito il fatto che i teoremi di G”del del 1930-31 rappresentano uno spartiacque epocale" [Lo, p.1] (6) Personalmente, credo che questa domanda si sarebbe dovuta e potuta porre (e forse qualcuno l'ha posta) molti secoli prima. La tradizione filosofica imperante (fino all'800 almeno) ha sempre concepito la matematica essenzialmente come "verita' assoluta allo stato puro". Questa concezione, risalente almeno a Platone, era gia' stata incrinata sia dalla scoperta di grandezze "incommensurabili", sia dai paradossi di Zenone ed altri (si noti che non possiamo conoscere con precisione l'esatto contesto in cui gli autori ponevano queste loro considerazioni paradossali: anzi, delle loro idee ci restano quasi esclusivamente le esposizioni fatte da altri, in genere da rivali che tentavano di minimizzarle o addirittura di metterle in ridicolo). Se si puo' discutere sulla possibilita' ventilata da E.T.Bell che "la rivoluzione della matematica [iniziata da Cantor] e' puramente e semplicemente un'eco di Zenone e degli altri scettici dell'antica Grecia" [Be, cap. XXIX, p.560], e' certamente vero che la situazione era molto problematica gia' al tempo dei greci (sono da tener presenti anche i problemi concernenti la validita' del "V postulato" di Euclide [Bo, p.283]). La prima esposizione giuntaci integralmente di dissenso con la citata tradizione filosofica sembra essere solo quella di D. Hume: "ogni conoscenza si risolve in probabilita', e diventa, in ultimo della stessa natura dell'evidenza di cui facciamo uso nella vita comune" [Hu, p.211 ]. Agli argomenti cui si accenna in questa nota spero di potere in seguito dedicare un'analisi piu' esauriente e dettagliata. (6a) In realta', se la maggior parte dei matematici ha preso la questione con discreta tranquillita', se non indifferenza (v. õ2), Hilbert ha preso di petto il problema nel disperato tentativo di confermare l'indiscutibilita' della matematica ("nella matematica, in questo modello di sicurezza e di verita'"; "e dove si deve trovare altrove sicurezza e verita', se persino il pensiero matematico vien meno?"; "restituire alla matematica l'antica reputazione di verita' incontestabile" [Hi, p.242 e p.192]). Personalmente, se pur interessantissimi dal punto di vista tecnico (e anche da quello filosofico) non mi convincono affatto i tentativi di riconsegnare alla matematica la palma di "piu' certa fra le scienze" [Sim]. Cio' non toglie che un certo tipo di analisi non sia interessante e necessaria: negarlo significherebbe negare interesse attuale ai problemi fondazionali, idea comune a molti matematici, e che io combatto: il fatto e' che si puo' ottenere, al massimo, qualche certezza relativa, mai nessuna certezza assoluta. (7) Non intendo affatto negare l'originalita' del "metodo diagonale" di Cantor. Ne' intendo discutere su chi spetti il merito di aver introdotto il concetto di "insieme" (o di averne compreso la piena portata). Faccio solo notare che questo concetto, implicitamente o meno, appariva gia' in precedenza, e in questioni fondamentali come la costruzione (o giustificazione) dei numeri reali. In effetti, c'e' chi sostiene che l'unica novita' introdotta da Cantor e' stata quella di postulare l'assioma dell'infinito, e analizzarne le conseguenze. (8) Soprattutto per evitare atteggiamenti troppo rinunciatari, remissivi, di acquiescenza, o addirittura di sottomissione nei confronti dei matematici. (8a) E, ovviamente, cercando di dividerci fra "buoni" e "cattivi"! (9) Ad esempio, il matematico "ideale" di [DH, p. 35] afferma che "[cos'e' una dimostrazione] meno lo si sa meglio e'". Ancora, G. B. Boyer sostiene: "...la scoperta di G”del non e' meno inquietante della rivelazione di grandezze incommensurabili...Nondimeno, sia i matematici che i fisici non sembrano aver risentito molto di questo colpo, e hanno continuato a produrre un teorema dopo l'altro..." [Bo, p.696]. (10) Tanto per dirne una, G”del e' pur stato chiamato a Princeton (dove, forse, non e' stato trattato da pari a pari). (10a) Di sicuro non tengono bene il mare matematico; tanto meno reggono le bufere filosofiche per cui erano state specificatamente costruite: i problemi creati da una posizione platonista sono meno schiaccianti (overwhelming) delle difficolta' che sorgono coll'intuizionismo, col formalismo, col logicismo o col nominalismo [Mad2, p.1141]. (11) Non ho, a priori, nessuna ostilita' nei confronti di chi identifica la matematica con la "pratica matematica" [DH]; anzi, forse questa e' l'unica definizione non problematica della matematica. Anche qui, i fisici, nel problema analogo, vanno direttamente al sodo e non si preoccupano piu' di tanto quando spiegano al neofita che "la fisica e' cio' che fanno i fisici la notte" [AV] (a scanso di equivoci, il riferimento e' a certi esperimenti che verrebbero danneggiati dalle vibrazioni causate dal traffico veicolare. E' ben noto che, invece, i matematici fanno la matematica o alla sera tardi o alla mattina molto presto [Bo, p.553]. Inoltre, sicuramente, una forma moderata di questo atteggiamento e' sia piu' sensata che preferibile nei confronti di chi cerca la giustificazione della matematica al di fuori di essa. L'identificazione della matematica con la pratica matematica, pero', implica necessariamente che "cio' che e' la matematica" possa cambiare col tempo, e rende impossibile proprio la difesa dell'esistente (o, tanto peggio, del passato) in quanto tale. Questa posizione, invece, offre un punto di forza alla logica, poiche', attualmente, la pratica matematica e' piena di logica (piu' o meno riconosciuta come tale), soprattutto sotto forma di teoria degli insiemi e ricorsivita' (e, in effetti, questa e' la tesi principale che sosteniamo in questo lavoro). E' importante avere ben presente, e fare bene presente, che la logica non solo fornisce maggior chiarezza concettuale non solo a questioni parzialmente o interamente filosofiche, ma contribuisce anche a risolvere o chiarire problemi espliciti di natura eminentemente matematica. (11a) Numeri Reali e cardinali infiniti sono stati scelti a titolo esemplificativo. E' noto che c'e' chi sostiene che "esistono" solo i naturali, e non crede ai Reali, chi non crede nemmeno ai naturali, chi crede ai cardinali inaccessibili ma non ai misurabili, chi e' fiducioso nella non contraddittorieta' dei cardinali immensi (fornendo la giustificazione, che ha pure una sua valenza, che se non c'e' riuscito l'esperto XXX a trovare una contraddizione, nessuno ci riuscira' mai: [Mad1, p.506, Nota 24]; e: "gran parte del recente lavoro sui cardinali misurabili e' stato svolto [col fine di dimostrare che non esistono]" [Dr, p.186]. (12) Qualcuno ha sostenuto che "la logica e' la malattia infantile del matematico". In realta', l'accusa si potrebbe ritorcere contro ai matematici: sono i matematici che, infantilmente, hanno iniziato a trastullarsi con un giocattolo piu' grande di loro, senza capire bene cosa stavano facendo; sono loro che, infantilmente, si pongono domande a cui non si puo' dare risposta (per lo meno, risposte del tipo desiderato da loro), anziche' chiedersi (come tipico di tutte le scienze) quali sono e quali non sono le domande appropriate o, meglio, in che modo devono essere poste. (13) Certamente, sto calcando un po' le tinte: al contrario di un formalista puro, non ritengo completamente priva di senso tale domanda, come precisero' dettagliatamente nella prossima sezione. Certo, quando pone quella domanda, il matematico non intende porre, ad esempio, la questione di qual e' il modello di ZF piu' opportuno in cui sviluppare la matematica (o altre questioni simili): pensa semplicemente che G”del o Cohen abbiano costruito un qualche controesempio patologico, privo di qualunque utilita', e che non ha niente a che vedere con la "realta' ". Indubbiamente, i logici non solo hanno risolto la questione dal punto di vista formale, ma hanno anche iniziato una discussione approfondita sull'opportunita' o meno di aggiungere CH a ZF, con vari ordini di considerazioni (una sintetica rassegna si puo' trovare in [Mad1] Quello che i matematici non vogliono accettare e' che, in ogni modo, si tratti sempre di questioni "di fede" (v. õ3); fede che sono dispostissimi ad accordare invece all'esistenza (ben problematica) dei Reali. (14) Certo, una risposta sensata sarebbe quella di dire che "conoscono" cosa sono i Reali, ma non percepiscono con sufficiente chiarezza cosa sono i sottoinsiemi di R (questa tesi ha molto valore, e qualcosa di essa puo' certamente essere tradotto in risultati precisi [ ]. Non credo comunque che una simile obiezione possa venire in mente a chi non abbia alcuna esperienza di logica). Del resto, se il problema e' davvero quello che non abbiamo un'"intuizione" sufficientemente profonda di cos'e' un insieme potenza, questo si deve ripercuotere anche su R, che e' impossibile costruire senza usare P(N)! (15) Alcune altre vie di fuga si sono dimostrate estremamente insoddisfacenti. C'e' chi ha sostenuto che l'unico pregio della matematica e' la sua applicabilita' a problemi pratici e ad altre scienze; che quindi tutto puo' essere messo in discussione tranne cio' che viene usato; e, insomma, che solo cio' che e' applicabile "conta". Questa posizione, oltre a danneggiare proprio i matematici negando loro autonomia, e' insostenibile proprio perche', nella maggior parte dei casi, le applicazioni pratiche e scientifiche di una teoria matematica sono avvenute dopo (talvolta, secoli dopo) che la teoria era gia' stata sviluppata ed accettata, e non prima. (Naturalmente, non si puo' che provare piacere nello scoprire l'applicabilita' delle nostre teorie astratte: ma non sono le applicazioni a fornire criteri di valore, ne' tantomeno, a decidere gli sviluppi futuri) Alternativamente, c'e' chi ha cercato nella "realta' fisica" una giustificazione soddisfacente per quegli oggetti matematici la cui esistenza e' problematica. Non sostengo che il problema delle relazioni fra i concetti logici e la realta' fisica sia privo di senso, anzi, si potrebbero scoprire molte cose interessanti [ ], [Sim, p.362]. Resta il fatto che gli enti e le teorie della fisica moderna sono ben piu' astratti, problematici e soggetti a dubbio di certe costruzioni matematiche: anzi, si puo' sostenere (e molti fisici sostengono proprio questo) che gli enti della fisica non sono altro che enti matematici; ad ogni modo, la fisica moderna, a mio parere, e' ben piu' impregnata di misticismo delle piu' astratte e soggette a dubbi di inconsistenza teorie degli insiemi [Dir] [Zee] [Man] [LL] [Ray]. Non ha quindi molto senso cercare una giustificazione della matematica nella fisica. (v. anche nota 16) Per quel che mi riguarda, poi, nutro seri dubbi anche sulla completa indubitabilita' dell'approccio "algoritmico". Che, e' ovvio, anche un deficiente (un "solerte impiegato", un elaboratore, perfino uno studente!) sia capace di applicare un algoritmo, e' provato, e non crea dubbi (direi, anzi, che e' l'unico vantaggio degli algoritmi!). Ma e' pur sempre necessario dimostrare che l'algoritmo svolge effettivamente la funzione che vogliamo che svolga, e per questo ci vuole intelligenza e fantasia: non lo si puo' dimostrare in modo algoritmico! (lo si potra' anche fare, talvolta, ma il problema continua a porsi per quest'ultimo algoritmo) (15a) In effetti, piu' in generale, sembra che si stia tentando un attacco coordinato (e su tutti i fronti) contro qualsivoglia tipo di ricerca che abbia anche solo una lontanissima attinenza con questioni fondazionali (vedi [BF*], specificatamente l'intervento di G. Lolli). (15b) Spesso, anche solo gli enunciati di certi risultati di indipendenza sono difficili da capire non solo per un matematico, o per un logico, ma addirittura per uno studioso proprio di teoria degli insiemi [ ]. (15c) I "risultati di indipendenza" forniscono un tipico esempio: alcuni logici vi si appassionano tanto fino al punto di trascurare risultati notevolissimi che sono effettivamente teoremi di ZFC ! [She3] (16) Che, poi, sono sempre critici e scontenti in ogni caso; senza considerare il fatto che, personalmente, condivido l'opinione di [Mad2] citata alla nota 10a. La mia risposta agli [scettici], poi, e' che il "Platonismo" di G”del diventa un materialismo terra-terra, se paragonato al misticismo di Einstein che dice "Dio non gioca a dadi con l'Universo"; "Voglio sapere in che modo Dio ha creato il mondo. Non m'interessano questo o quel fenomeno particolare, lo spettro di questo o quest'altro elemento. Voglio conoscere i Suoi Pensieri: tutto il resto sono dettagli" [Zee, p.1] (Zee stesso afferma: "Non riusciamo a capire perche' l'elettrone non sia privo di massa. Non capiamo perche' La Natura usi tre gruppi di fermioni, quando un gruppo solo basta evidentemente per rendere denso l'universo"). Che gli [scettici], prima di pensare a scocciare noi matematici, se la prendano coi fisici! Altrimenti, rispondo loro tranquillamente che "Dio non puo' permettere che l'aritmetica cardinale, tanto affascinante, venga banalizzata come lo sarebbe se valesse l'ipotesi generalizzata del continuo". (16a) Cosi' come non si potrebbe fare la fisica senza matematica mentre molta matematica esisterebbe anche senza la fisica, allo stesso modo non si puo' fare matematica senza la logica mentre la logica, per esistere, non ha bisogno di altre parti della matematica. Beninteso, parlo in linea di principio: ognuno e' piu' bravo di chiunque altro a fare il suo lavoro (e chiunque farebbe meglio a limitarsi a fare il suo lavoro senza immischiarsi in questioni che non capisce [Ro]). Del resto, se un comune analista non riesce in genere (vi sono state rarissime eccezioni) ad afferrare le sottigliezze concettuali di certi argomenti di logica, anch'io, dopo la terza minorazione, rinuncio definitivamente a seguire la dimostrazione di un teorema di analisi. (16b) Sulla questione della "fede", un formalista potrebbe obiettare che una dimostrazione del teorema X resta pur sempre una dimostrazione anche se la teoria in cui si lavora e' inconsistente. Cio' non toglie che cercare dimostrazioni in una teoria inconsistente e' comunque un puro e semplice non senso, a meno che le dimostrazioni non si cerchino con la deliberata intenzione di dimostrare proprio l'inconsistenza della teoria, atteggiamento tutt'altro che comune, almeno per teorie come l'aritmetica, o ZF! Quindi, una certa qual fede e' richiesta in ogni caso, che si sia platonisti o formalisti! (17) Certo, si sarebbe usato "meno" di tutta l'aritmetica; e quindi qualcosa si sarebbe ottenuto, ma sui se non si fanno ne' la storia ne' la matematica--salvo il fatto che ora sappiamo che SE questa dimostrazione e' possibile, dimostra il notevole risultato della contraddittorieta' dell'aritmetica. (17a) Per fare un paragone pertinente: c'e' ovviamente una grossa differenza fra il credere ad una divinita' che e' puro spirito e puro pensiero (ZF+grandi cardinali), e il credere, piuttosto, ad una divinita' (Aritmetica di Peano) di tipo omerico, antropomorfa, con le stesse passioni e gli stessi desideri umani e che, in particolare, appena puo' corre dietro alle persone dell'altro sesso. Ma la differenza e' solo quantitativa, e non qualitativa: sempre in qualcosa si ha (si deve avere) fede! (18) Naturalmente, la maggior parte di quei metodi di logica che sono sorti col fine esplicito di risolvere problemi dati si sono poi sviluppati ulteriormente, ed hanno avuto ulteriori applicazioni che trascendevano il problema originario. Inoltre, vi sono moltissime applicazioni della logica che non si sono sviluppate coll'esplicito proposito di risolvere problemi dati. Ancora piu' importante, alcuni risultati di logica sono fondamentali ed importanti, anche se non hanno portato ad (od indipendentemente dalle) applicazioni. (20) Alcuni hanno addirittura sostenuto che i simboli logici , ,... sono esclusivamente abbreviazioni di voci verbali della lingua italiana! [Abea] (21) Molti algebristi si rifiutano di presentare l'esistenza della chiusura algebrica di un campo proprio per non essere costretti a parlare di questi problemi: nel caso di caratteristica 0 si puo' scaricare il problema sull'analisi, in cui si e' costruito C (infatti, campi algebricamente chiusi di maggior grado di trascendenza vengono usati raramente, nelle applicazioni elementari). Tuttavia, il problema, per la caratteristica p, non puo' essere eluso in questa maniera. Non sostengo, sia ben chiaro, che gli argomenti di logica necessari siano estremamente complessi, moderni e sofisticati: si tratta di logica piu' che classica: ma sempre logica e'! (22) "Abitanti dell'avita Tebe, questo e' Edipo l'analista, che il famoso enigma del calcolo differenziale sciolse, che fu potentissimo, la cui sorte senza invidia non fu rimirata mai: in che gorgo di tremendi paradossi, guardate, e' giunto ormai!" [Sof] (23) O, per lo meno, bisogna elencare dettagliatamente tutto cio' che si da' per scontato. (24) Tutto sommato, credo comunque che il merito maggiore della teoria degli insiemi sia quello di averci fornito una teoria coerente (almeno apparentemente) con cui e' possibile trattare l'"infinito". Il merito di fornire una sistemazione rigorosa di tutta la matematica mi pare gia' secondario, rispetto a questa sua funzione estremamente affascinante (non per nulla si e' parlato del "paradiso" cantoriano). Fra l'altro, il primo merito e' duraturo e incontrovertibile (salvo la scoperta di contraddizioni, e a meno che in futuro non si abbia un'intuizione radicalmente diversa dell'infinito), mentre non e' affatto certo che la teoria degli insiemi restera' anche in futuro la base fondante della matematica. Bibliografia [Abea] S.Abeasis, Algebra lineare e geometria, Bologna, 1990. [AK] J.Ax, S.Kochen, Diophantine problems over local fields I, II, III, Am.J.Math., 87 (605-630); 87 (631-648); Ann.of Math., 83 (437-456). [AV] Autori Vari, La fisica di Berkeley [Ba] J.Barwise (editor), Handbook of mathematical Logic, North Holland, 1977 [BF] J.Barwise and S.Feferman (editors), Model-theoretic logics, Perspectives in Mathematical Logic, vol.6, Springer-Verlag, Berlin, 1985. [BF*] M.Borga, F.Furinghetti (a cura di), Il problema dei fondamenti della matematica, ECIG, Genova 1986. [Be] E.T.Bell, I grandi matematici, trad.it., Firenze 19912. 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