Il giardino di Desargues
Seconda parte



di Laura Catastini e Franco Ghione




Il vero mistero è l'esistenza di un pensiero qualunque, di un qualunque processo mentale.
J.Hadamard

 

1. Introduzione

Nella prima parte di questo lavoro abbiamo analizzato la insolita figura scientifica di Desargues e abbiamo interpretato il suo particolare linguaggio matematico come un tentativo di guidare il pensiero attraverso le parole verso immagini nuove capaci di rappresentare lo spazio che lui aveva immaginato e dove aveva collocato l'infinito. L'introduzione di punti all'infinito modifica non solo la struttura dello spazio (del quale diventa impossibile, per motivi topologici, farsi una immagine globale) ma anche le figure che in quello spazio sono tracciate. Esse infatti acquistano una particolare rilevanza proprio nel modo col quale si rapportano all'infinito. Da una lato dunque le figure euclidee, sempre chiuse e limitate, vengono a perdere la loro centralità rispetto a quelle che toccano l'infinito, d'altro lato proprio questa loro compattezza ne permetteva una rappresentazione attraverso un'immagine su un foglio di carta in grado di guidare l'intuizione geometrica. Ora questa operazione diventa spesso impossibile e per questo Desargues cerca di creare nuovi strumenti che gli vengono suggeriti dalla sua pratica di architetto, ingegnere e dalle suggestioni del disegno prospettico.
Per rendere la lettura di questa seconda parte del lavoro il più possibile indipendente dalla prima ricordiamo alcune definizioni di Desargues ampiamente discusse in quella sede anche dal punto di vista cognitivo. Il tronco (tronc) è una retta (sempre pensata estesa fino all'infinito dalle due parti) alla quale si appoggiano, in punti detti nodi, (neud) altre rette dette rami, (rameau). Un ramo, o una sua parte, può essere dispiegato (déployé) o piegato (plié) sul tronco a seconda che si sovrapponga o meno al tronco. I but sono i punti al finito o all'infinito dove si incontrano due rette. I segmenti di un ramo che vanno dal nodo a un altro ramo sono detti ramoscelli (brin de rameau).



Immagine 1

Tre coppie di nodi di un tronco, AA',BB', CC' si dice formano una involuzione se, nel linguaggio di Desargues 1 , il rapporto tra rettangoli relativi è uguale a quello tra i loro gemelli, se cioè

Dove con AB indichiamo la lunghezza con segno del segmento AB una volta orientato il piano e fissata una unità di misura. Si vede dunque come, a questo livello, il concetto di involuzione sia di natura metrica o meglio affine coinvolgendo rapporti tra segmenti.
Nel corso di questo lavoro diamo, spesso in nota, le dimostrazioni dei teoremi che enunciamo essendo queste per la maggior parte quelle fornite da Desargues, con il duplice scopo di fare una rassegna storica, il più possibile fedele, delle idee e tecniche del geometra lionese, e indicare un percorso didattico che dalle involuzioni conduce, in uno spirito che a noi pare più semplice e diretto, al teorema di Pascal sull'esagono inscritto in una conica, uno dei gioielli del pensiero matematico.


2. ''Ricentramenti cognitivi'' del teorema di Menelao

Il teorema di Menelao piano 2 è uno dei pochissimi prerequisiti su cui Desargues fonda le sue dimostrazioni, e per questo, ma soprattutto per il modo nuovo con cui lui lo presenta, ha per noi particolare importanza. Il solo confronto, cui ora accenniamo brevemente, tra la sua formulazione e quelle precedenti, mette in luce l'approccio nuovo, le dinamiche intuitive che vengono suggerite e fa capire come uno stesso enunciato matematico possa arricchirsi, a seconda del modo in cui viene presentato, di significati profondi che vanno ben al di là di una semplice esattezza formale.

Questo teorema non fa parte delle proposizioni dei 13 libri degli Elementi di Euclide, mentre lo troviamo nella Sferica di Menelao, matematico e astronomo alessandrino del II secolo dopo Cristo, come lemma introduttivo per dimostrare un analogo teorema (oggi noto come teorema di Menelao) nella geometria della sfera. Per questa via Menelao [9] riuscì a sviluppare una teoria quantitativa sui triangoli sferici e sui rapporti tra le ''ampiezze'' dei lati, in un contesto, quello sferico, dove non esistono ''rette'' parallele. In quell'ambito ebbe a che fare con concetti invarianti per proiezione, quali ad esempio quello di rapporto armonico 3 [9] , tipici di una geometria, come quella proiettiva, che prescinde dal concetto di parallelismo. Le applicazioni astronomiche della geometria della sfera renderanno il teorema di Menelao di grande utilità e per questo lo ritroviamo nell'Almagesto di Tolomeo [10] 4 dove viene applicato per calcolare, per via teorica, l'altezza del Sole sull'orizzonte in un dato giorno dell'anno. E' questa la versione del teorema che Desargues cita e per questo la riproduciamo letteralmente, come si trova nel testo di Tolomeo:

Se due rette AB, AG, che si incontrano in A, sono tagliate da altre due rette GD, BE, che si intersecano nel punto Z, dico che il rapporto tra il segmento di retta AE ed il segmento di retta EG è uguale al rapporto tra il segmento di retta DZ e il segmento di retta ZG, composto con il rapporto tra il segmento di retta BA ed il segmento di retta BD.

L'immagine che si forma è quella di due segmenti che si incontrano in A ai quali se ne aggiungono altri due che si incontrano in Z


in questa situazione vale una certa relazione che lega i rapporti tra le lunghezze dei segmenti che nascono dall'intersezione delle rette. Precisamente

Fibonacci [11] nella sua Pratica geometrica, riporta il teorema di Menelao con l'uso delle stesse lettere latinizzate scelte da Tolomeo (che probabilmente è stato la sua fonte) ma con una formulazione che richiama una diversa Gestalt 5 :

Se in un triangolo .abg. tracciamo delle rette .be. e .gd. che escono dagli angoli .b. .g. e se queste si incontrano nel punto .z. allora, se è noto il rapporto tra .ge. e .ae. e tra .bd. e .ad. allora è noto anche il rapporto tra .bz. e .ze. e tra .gz. e .zd.

La configurazione di Menelao, data dall'intersezione di quattro segmenti, si trasforma in un triangolo fisso contenente due segmenti. .gd. e .be., uscenti dai vertici g e b, ed intersecantesi in .z.


Notiamo che il triangolo è curiosamente una figura ridondante in rapporto all'enunciato del teorema, ma la sua ''chiusura'' crea buona struttura gestaltica, che si richiama facilmente alla memoria e che guida la ricostruzione delle possibili relazioni numeriche. Le relazioni che legano i vari rapporti venivano all'epoca usate meccanicamente nella soluzione di problemi numerici e commerciali ampiamente riportati nel Liber Abaci con il nome di regula baracti 6 o regula sex quantitatum, perché date cinque di sei quantità incognite, porta a ricavare la sesta, e questo ricentramento del testo poteva essere funzionale a una pratica di memorizzazione ad uso più di mercanti che di matematici.

Nel giardino di Desargues il teorema di Menelao cambia ancora fisionomia, si inserisce nel nuovo sfondo che lui ha immaginato, tocca l'infinito 7

Quando su una retta HDG, pensata come tronco, per tre punti H,D,G, pensati come nodi, passano tre rette come rami dispiegati Hkh, Dqh, Gqk, qualunque getto Dh di qualunque di questi rami Dqh, che esce dal suo nodo D e arriva al ramo Hkh, sta al suo getto accoppiato Dq che esce dallo stesso nodo D arriva al terzo ramo Gqk, nello stesso rapporto del rapporto composto tra i getti su ciascuno degli altri due rami convenientemente ordinati...



Immagine 2

Segue la dimostrazione che è essenzialmente uguale a quella che riporta Tolomeo.
L'accento del teorema è messo sul tronco, sui tre nodi e sui rami che si dispiegano dal tronco, creando una immagine dinamica nella quale vediamo le varie configurazioni che questi rami possono assumere ruotando attorno ai nodi, liberi di diventare anche paralleli tra loro. La ''regola delle sei quantità'' è ora presentata in modo diverso: tra le 4 rette che intervengono nel teorema, ne viene fatta emergere una in particolare mediante l'attribuzione di un nome specifico 8 , il tronco. In questa lettura la formula che lega i vari rapporti coinvolge così solo i brin , i ramoscelli, che escono dai nodi H, D, G, e che vanno ai but h, k, q, punti in cui questi ramoscelli arrivano ad incontrare gli altri rami. Le grandezze hk, hq , qk, che non hanno un nome particolare che le definisca, non hanno alcuna parte nella formula 9 .
L'immagine che in questo modo si forma ci permette di intuire come nulla cambi anche nel caso in cui qualche punto vada all'infinito. Comunque i rami si dispieghino, hanno sempre un comune but, in virtù del principio che Desargues premette all'inizio del Brouillon secondo il quale due rette nel piano hanno sempre un comune but 10 . Anche la relazione algebrica, per ragioni di continuità, deve avere una naturale ''degenerazione'' non difficile da trovare. Desargues nota esplicitamente 11 :

Ci sono molte cose da osservare in questo enunciato quando due dei tre rami sono paralleli tra loro; quando al tronco ci sono due nodi uniti in uno e ciò che ne deriva dove il pensiero non vede più nulla

Ciò che accade, infatti quando k tende all'infinito è che il rapporto tra Gk e Hk tende a 1 e la regola si riduce alla uguaglianza

che esprime la proporzionalità dei lati corrispondenti in due triangoli HhD e GqD che diventano simili quando il ramo per H è parallelo a quello per G. Il teorema sulla proporzionalità dei lati nei triangoli simili, diventa una degenerazione del teorema di Menelao quando parte della figura va all'infinito. I teoremi stessi diventano oggetti dinamici, degenerano uno nell'altro in un quadro complessivo dove il rapproto con l'infinito genera un nuovo ordine, nuova conoscenza.
Ancora più ardita è la degenerazione ottenuta quando un nodo vada a sovrapporsi ad un altro: la forma cambia completamente, il suo significato sfugge, ''l'entendement ne voit goute'' e la figura limite, con la formula che si porta dietro, viene a dipendere dal modo con cui i due nodi, e i rami per essi, vanno a sovrapporsi tra loro.

In questo quadro l'oggetto euclideo, il triangolo, appare solo come caso accidentale e non ha alcun ruolo. In tutto il Brouillon il termine ''triangolo'' non è mai usato, se non in contesti molto particolari dove si applicano i risultati della teoria in situazioni standard. Lo stesso teorema oggi noto come teorema di Desargues sui triangoli omologhi, nell'enunciazione originale 12 non contiene il termine triangolo. Questo termine richiama alla mente lati e angoli che irrigidiscono la figura entro confini di un foglio mentre per Desargues un ''triangolo'' è una terna di rette che non fanno parte di uno stesso fascio e che può toccare l'infinito.
Appare dunque come l'universo che Desargues ha in mente sia completamente diverso da quello euclideo, sia nella definizione dell'ambiente che per le forme che in questo ambiente vivono, e come sia di conseguenza opportuno rimuovere rigidità mentali legati a una consolidata consuetudine per far emergere le nuove concezioni. Crediamo che proprio l'uso del nuovo linguaggio, che più è stato avversato, avrebbe potuto aprire le porte della comprensione alla geometria proiettiva. Purtroppo la storia ha avuto esiti diversi e le proposte di Desargues sono state ignorate e perdute per quasi 200 anni e oggi che questa materia si è imposta con i suoi oggetti e le sue definizioni seguendo strade diverse diventa improponibile tornare alle origini. Ci resta il significato esemplare del metodo desarguesiano, la sua attenzione didattica nei confronti delle immagini mentali, il suo legame con la concretezza e l'intuizione anche nelle situazioni più astratte, ci resta lo stimolo a rivedere criticamente il nostro stesso lavoro di insegnanti.


3. Menelao si piega sul tronco

I vari movimenti che Desargues suggerisce presentandoci il teorema di Menelao e il suo linguaggio metaforico, ci hanno fatto pensare a una ulteriore drastica degenerazione ottenuta ''chiudendo'' tutta la configurazione sul tronco e cercando di capire il modo in cui la regola algebrica si modificasse di conseguenza. Se fossimo riusciti a trovare un risultato interessante avremmo capito il motivo per cui Desargues parla di rami dispiegati e piegati sul tronco, questa metafora, apparentemente enigmatica, sarebbe diventata ''produttiva''. Dato il contesto, abbiamo pensato a una proiezione centrale.
L'immagine dinamica, che Desargues ci mostra, di questi rami che si piegano e dispiegano dal tronco, ci ha confermato nell'idea di proiettare sul tronco la configurazione relativa al teorema di Menelao. Così facendo i getti si stendono nell'unica dimensione della retta e otteniamo in questo modo sei punti: i tre nodi e le proiezioni dei tre but. Sei punti che possiamo accoppiare tra loro in modo naturale, accoppiando ad un nodo la proiezione del but comune ai due rami che non passano per il nodo stesso. Ecco la nostra nuova immagine: proiettando sul tronco da un punto d scelto ad arbitrio, i but a, b, c e accoppiandoli con i nodi A, B, C otteniamo le tre coppie AA', BB', CC'.



Immagine 3

Se ora cerchiamo di vedere come si trasforma la relazione di Menelao ci rendiamo conto, con soddisfazione, che anch'essa continua a valere semplicemente sostituendo i getti dispiegati dal tronco con le loro proiezioni 13 : precisamente la relazione

degenera nella:

              

e quest'ultima relazione, che è equivalente alla (1), ci dice che le tre coppie AA',BB',CC' formano una involuzione.

Non possiamo dire se Desargues conoscesse o meno questo risultato perché non è mai esplicitamente enunciato, né lo abbiamo trovato nella letteratura corrente; non possiamo neanche dire se questa possa essere stata la strada con la quale lui è pervenuto all'idea di involuzione. Resta comunque il fatto che il teorema di Menelao ''piegato sul tronco'' produce 6 punti legati nella forma dell'involuzione inquadrando sotto una nuova luce, anche dal punto di vista didattico l'intera materia che, in questa maniera, crediamo possa essere in parte rivista. A conforto della nostra congettura, abbiamo trovato, non senza emozione, nel Brouillon una incomprensibile incongruenza che potrebbe aiutarci a entrare nel pensiero di Desargues. Nella formulazione del suo celebre teorema sulla involuzione definita su un retta da un fascio di coniche, sul quale torneremo più avanti, Desargues aggiunge alla fine un enunciato (di dimostrazione ovvia) completamente inutile, mai usato nel seguito, nel quale il linguaggio non è coerente con le definizioni da lui stesso date in precedenza. Come se questo enunciato, frutto di precedenti considerazioni, poi superate da nuove idee, gli fosse sfuggito per sbaglio nel Brogliaccio. Ma proprio questo eventuale sbaglio può aiutarci a chiarire la genesi di queste metafore.
Ecco il testo 14

Se due rette di confine BCN , EDN sono parallele tra loro, il rettangolo dei getti dispiegati IB, IC sta al suo relativo il rettangolo KD, KE come il rettangolo dei getti piegati sul tronco IQ, IP gemello del rettangolo IB, IC sta al suo relativo il rettangolo dei getti piegati sul tronco KQ, KP gemello del rettangolo KD, KE cosa che è evidente dal parallelismo di questi rami di confine BC, DE.



Immagine 4

Intanto le definizioni di rettangoli gemelli e rettangoli relativi date in precedenza si riferiscono sempre a getti piegati sul tronco 15 , mentre ora ci si riferisce ai rettangoli di lati IB, IC (dispiegati) e IP, IQ (piegati) come fossero rettangoli gemelli. La stessa cosa avviene sul ramo KN. Ma la cosa più importante e molto chiara è che l'operazione di piegare un getto sul tronco consiste proprio nella proiezione centrale (in questo caso la proiezione dal punto F).

Tornando alle involuzioni, emerge una cosa importante: abbiamo ora due modi per riguardare l'involuzione uno algebrico e l'altro geometrico. Quello algebrico consiste nel verificare se i 6 nodi sono posizionati in modo tale da verificare l'uguaglianza (1) (o la (2) a essa equivalente) e queste formule permettono dati 5 dei sei nodi in involuzione di trovare in modo univoco la posizione del sesto. Da un punto di vista geometrico invece tre coppie nodi di un tronco formano una involuzione se esiste una configurazione grafica come quella rappresentata dall'immagine 3 che lega tra loro i vari nodi. Il fatto, ottenuto per via algebrica che 5 nodi individuano univocamente la posizione del sesto, dimostra che , qualunque sia la configurazione per i 5 nodi assegnati, la posizione del sesto non cambia.
Dati ad esempio A, B, C, A', B' possiamo trovare graficamente il nodo C' in modo che le tre coppie AA', BB', CC' formino una involuzione. Lo possiamo fare in infiniti modi, anzi, in ''infinito a tre'' modi, per essere più precisi. Possiamo dispiegare arbitrariamente i rami per A, B, C, e trovare così i but a, b, c comuni alle tre coppie di rami. Collegando poi a con A' e b con B' troviamo il centro di proiezione d che ci permette, proiettando c, di trovare C' . Il punto C', lo stesso punto C', è determinato comunque si siano dispiegati i tre rami iniziali, proprio perché le due coppie AA' e BB' individuano un'unica involuzione.



Immagine 5
figura animata

Dunque se 5 di 6 nodi in involuzione sono dati, il sesto è determinato non solo tramite una relazione numerica che ne fissa la posizione rispetto agli altri, ma anche da una configurazione grafica che coinvolge solo il concetto di retta, di punto (al finito o all'infinito) con le proprietà grafiche di appartenenza. Per questa via è possibile fondare la geometria proiettiva indipendentemente dal campo numerico di base, partendo da assiomi grafici così come è stato fatto nel magnifico trattato di Enriques del 1904, Lezioni di geometria proiettiva.



Immagine 6
figura animata

Osserviamo infine come la trasformazione che proietta sul tronco una data configurazione sia familiare all'attitudine del pittore a rappresentare un oggetto tridimensionale nelle due dimensioni del quadro. Anche in questo caso il teorema di Menelao che si dispiega nelle due dimensioni, si proietta nell'unica dimensione del tronco conservando tuttavia una determinata traccia della sua genesi, questa traccia è l'involuzione: la proiezione dei nodi e quelle dei tre but accoppiati tra loro.


4. Il teorema del rameto

L'invarianza proiettiva del concetto di involuzione, intuito in questo modo, viene rigorosamente dimostrato da Desargues nel ''teorema del rameto''. Un rameto è formato da un tronco che contiene sei nodi in involuzione dai quali escono sei rami con uno stesso but. Se un secondo tronco interseca i sei rami del rameto in sei nuovi nodi, anche questi formano una involuzione.



Immagine 7

Il teorema può essere dimostrato in modo tradizionale, senza uscire dal piano del rameto, cercando di provare che la relazione (1) non cambia forma durante la proiezione, cioè si trasforma nella relazione

e questo può essere fatto considerando, sullo stesso piano del rameto, varie configurazioni di rami e applicando varie volte e in modo opportuno il teorema di Menelao. E' questo il modo che segue Desargues, come volesse procedere nelle sue dimostrazioni coi piedi di piombo. Possiamo tuttavia, in questo caso, proporre una dimostrazione che non faccia uso delle relazioni algebriche che caratterizzano le involuzioni e che pare Desargues voglia indicare più avanti 16 . Cominciamo col dispiegare dal tronco, tre rami per A, B e C appartenenti a un nuovo piano a , che immaginiamo orizzontale e costruiamo su questo piano l'intera configurazione che caratterizza l'involuzione iniziale. Alziamo ora una piramide col vertice in K e base sul quadrangolo abcd.



Immagine 8

Prendiamo ora un nuovo piano g che passi per la retta che contiene i nodi PP', QQ', RR'. Tale piano interseca la piramide in un ulteriore quadrangolo pqrs che si proietta, punto per punto, retta per retta, sul quadrangolo iniziale e che trasporta quindi la configurazione del piano a definita dall'involuzione iniziale, in una analoga configurazione sul piano g che conferisce quindi alle tre coppie PP', QQ', RR' la forma di involuzione.
Questa dimostrazione si fonda sul fatto che la proiezione centrale conserva l'allineamento e quindi ogni configurazione grafica formata da rette e loro intersezioni, conformemente alla geometria della visione e all'intuizione del pittore.
Abbiamo trovato in questo modo una particolare configurazione tra i punti di una retta che non cambia dispiegando arbitrariamente dal tronco i tre rami per A, B, C e cambiando il punto di vista. Le involuzioni diventano uno strumento per allenare il pensiero su un terreno che gli sia proprio (quello euclideo) ma anche potenziarlo verso la geometria dell'infinito.


5. La proprietà meravigliosa

Possiamo pensare le involuzioni come un modo per accoppiare i punti di una retta o meglio come un modo per far corrispondere a un dato punto X un punto X' e a X' lo stesso punto X, cioè, come si dice oggi, ad una trasformazione involutoria della retta in sé. Date due coppie di punti corrispondenti AA' e BB' (eventualmente doppi) l'involuzione, cioè la trasformazione della retta in sé, è univocamente determinata sia sul piano analitico, tramite la formula (1), sia su quello sintetico proprio di Desargues, tramite una costruzione grafica che abbiamo vista nel paragrafo precedente: il punto X' corrispondente di X sarà quel ben determinato punto per il quale le tre coppie AA',BB', XX' fanno parte di una medesima involuzione. L'involuzione può essere definita, oltre che dalle due coppie di punti AA' e BB', anche da una coppia di punti e una coppia di rette indicate in grigio nell'immagine seguente. In questo caso la costruzione è identica al caso precedente e viene fatta a partire dai punti B e B' nei quali le rette date incontrano il tronco, ma ne cambia radicalmente l'interpretazione. La coppia di rette è pensata come una ''curva di ordine due'' cioè come una configurazione che interseca una qualunque retta in due punti ed è solo questa la proprietà che viene usata per costruire l'involuzione.



Immagine 9

Si comincia col dispiegare un qualunque ramo per A, che incontra la coppia di rette nei punti 1 e 2. Si congiunge 2 con X e si trova il punto 3, si congiunge 3 con A' e si trova il punto 4, si congiunge 4 con 1 e si trova il punto X' che cercavamo, trasformato di X mediante l'involuzione definita dalle coppie AA', BB' o dalla coppia di punti AA' e dalla coppia di rette fissate. Il punto X' che abbiamo costruito non dipende dai (infinito a uno) modi con cui si è dispiegato il ramo da A o, equivalentemente, dalla posizione del punto 1 sulla coppia di rette. Abbiamo una involuzione definita dalle due rette e dai due punti AA' indipendente da come abbiamo ''inscritto'' un quadrangolo 1,2,3,4 nelle rette stesse.

Questa immagine che sembrerebbe riproporre la situazione precedente ci spinge, in realtà in una direzione nuova molto importante. Una coppia di rette possiamo infatti pensarla, come fa Desargues, come una conica degenere ottenuta segando il cono con un piano che passa per il suo vertice. Ora tutte queste figure si ottengono l'una dall'altra con continuità, muovendo con continuità il piano sezione. Sembrerebbe dunque naturale estendere la costruzione precedente, che è invariante per proiezioni, anche al caso di una qualunque conica.



Immagine 10

Desargues riesce di fatto a dimostrare che una qualunque conica, che passi per i 4 punti 1,2,3,4 interseca il tronco in una ulteriore coppia DD', che insieme ad AA', BB', XX', appartiene alla stessa involuzione, legando in questo modo, con una geniale intuizione, le involuzioni alle coniche. Questo risultato è quello che Pascal chiamerà proprieté merveilleuse 17

il cui primo inventore è Desargues, lionese, uno dei più grandi spiriti dei suoi tempi, dei più versati verso le matematiche e in particolare verso le coniche i cui pochi scritti su questa materia hanno dato un'ampia testimonianza a coloro che hanno voluto capirne il significato: devo confessare che io devo il poco che ho trovato su questa materia ai suoi scritti e che h o cercato d'imitare per quanto mi è stato possibile il suo metodo su questo soggetto.

Lo stesso Poncelet 18 , che non conosceva Desargues, parlerà di questo teorema come un des plus féconds qui existent sur les coniques per le numerosissime conseguenze che esso comporta.

Possiamo vedere anche come, fissata una conica degenere o non degenere e due nodi AA' su un tronco, resta individuata univocamente una involuzione, ottenuta sia che la conica intersechi in DD' il tronco, sia che non lo incontri, la quale involuzione, con la stessa costruzione di prima, permette di trovare il coniugato X' di un qualunque nodo X comunque si voglia dispiegare da A il ramo A1:



Immagine 11

In nota 19 diamo un cenno della dimostrazione di Desargues di questo fatto e della proprieté merveilleuse poiché essa introduce per la prima volta nella storia della matematica un metodo dimostrativo molto fecondo che consiste nel trasformare una figura in un'altra più semplice, per la quale sia possibile dimostrare la proprietà che interessa, la quale, se invariante rispetto alla trasformazione effettuata, resterà valida anche per figura più complessa iniziale. In questo caso la trasformazione è una trasformazione proiettiva che permette di trasferire su una qualunque conica proprietà valide per una circonferenza ed invarianti per proiezione.


6. Mysterium hexagrammaticum

La teoria delle involuzioni così come è stata abbozzata nelle sue linee essenziali nel Brouillon di Desargues, permette di dimostrare facilmente, come vedremo più avanti, il teorema attribuito a Pascal sull'esagono inscritto in una conica. Pascal, che è stato allievo di Desargues, all'età di soli 16 anni, nel 1640, pubblicò un saggio nel quale enunciava alcune proprietà delle coniche, tra cui il teorema secondo il quale un qualunque esagono inscritto in una circonferenza ha i lati opposti che si intersecano in tre punti allineati, proprietà che poi estende, molto probabilmente col metodo di Desargues, al caso che l'esagono sia inscritto in una conica qualunque. Il saggio, di sole 3 pagine, non contiene le dimostrazioni, ma si suppone, per quanto testimonia lo stesso Pascal, fossero fortemente influenzate dalle idee e dai metodi di Desargues. Poncelet riferisce 20 [8], senza indicare la fonte, che Descartes avrebbe attribuito questo teorema allo stesso Desargues. Una conferma indiretta di questo si può trovare in una lettera di Beaugrand 21 [2], nella quale questi risolve alcuni problemi posti da Desargues e che Desargues poteva risolvere coi suoi nuovi metodi. Il problema consisteva nel costruire una conica passante per dati punti (eventualmente sovrapposti), problema che, come è noto, si risolve facilmente usando il teorema di Pascal. In questo modo oggi i programmi di computer grafica calcolano e disegnano la conica passante per 5 punti assegnati.
Vogliamo ora proporre una dimostrazione molto semplice di questo teorema che non abbiamo trovato in letteratura e che si basa sulla nozione di involuzione e sui metodi di Desargues.

Consideriamo un esagono di vertici 1,2,3,4,5,6 inscritto in una conica, eventualmente anche degenerata in due rette. Vogliamo dimostrare che le coppie di lati opposti 1-2 con 4-5, 2-3 con 5-6, 3-4 con 6-1 si incontrano in tre punti P, Q ed R allineati.



Immagine 12

Consideriamo il tronco definito dalla retta PQ e l'involuzione che il quadrangolo 1,2,3,6, definisce sul tronco:



Immagine 13

P risulta coniugato a P' e Q al nodo R' ottenuto intersecando il tronco con il lato 6-1.
Consideriamo ora l'involuzione definita dal quadrangolo 3,4,5,6



Immagine 14

abbiamo ancora che P è coniugato con P' e Q è coniugato con R'' essendo R'' il nodo in cui il lato 3-4 interseca il tronco. Dato che le due involuzioni sono definite da una stessa conica e dalla stessa coppia PP', coincidono e quindi Q ha lo stesso coniugato nei due casi. Ne segue che R' = R'' cioè che il lato 3-4 interseca il tronco nello stesso nodo R nel quale lo interseca il lato 1-6. Ne segue ancora che il nodo R, intersezione dei due lati, si trova allineato sul tronco a P e a Q.

Questa dimostrazione, molto semplice e naturale se pensata nello spirito desarguesiano, si basa sul concetto d'involuzione, centrale nel suo approccio, e corrisponde all'enunciato originale così come è formulato da Pascal [7] nel quale, anziché affermare che i punti P, Q ed R sono allineati, si conclude che, definiti P e Q come abbiamo fatto qui, le rette per PQ, 1-6 e 3-4 passano da uno stesso punto.
Le dimostrazioni elementari del teorema di Pascal più diffuse nei vari manuali di geometria proiettiva, considerano prima il caso che la conica sia un cerchio, per poi estendere il teorema nel caso generale. Per il cerchio si usa il concetto di birapporto tra quattro rette e la sua invarianza, muovendo il centro del fascio di rette sulla circonferenza. Il caso degenere, quando la conica si spezza in due rette, caso che corrisponde al teorema di Pappo, richiede, seguendo questa via, una dimostrazione particolare. La dimostrazione che qui abbiamo proposto vale in ogni caso e ci pare concettualmente più semplice e diretta.


Bibliografia

[1] N. Poudra, Oeuvres de Desargues réunies et analysées, 2 Volumi , Paris, 1864
[2] R. Taton, L'oeuvre mathématique de G. Desargues, Presses Universitaires de France, 1951 (seconda edizione rivista 1981)
[3] J.V. Field e J.J. Gray, The Geometrical Work of Girard Desargues, Springer-Verlag, 1987
[4]J.P. Le Goff, Desargues et la naissance de la géométrie projective in J.Dhombres et J Sakarovitch Desargues en son temps Libraire scientifique A. Blanchard, 1994
[5] J. Field, Linear perspective and the projective geometry of Girard Desargues , Nuncius An. Storia Sci. 2 , 1987 , pp.3-40
[6] F.Enriques, Lezioni di geometria proiettiva, Zanichelli, 1904
[7] B. Pascal, Oeuvres complètes, par J. Chevalier, 1954, Pleiade
[8]J.V Poncelet, Traité des propriétés projectives des figures, Paris, 1865
[9] Menelao, Sphaericorum, Traduzione dall'arabo in latino di Halley, Sumptibus Academicis, 1758
[10]Ptolemy, Almagest a cura di G. J. Toomer, Duckworth, 1984
[11]Fibonacci, Scritti di Leonardo Pisano, pubblicati da B. Buoncompagni, Roma, 1862