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Ho letto un articolo su Princeton di Beppe Severgnini sul Corriere della Sera: vi sono stata 10 anni fa, per una settimana, nel corso
del mio dottorato di ricerca in Fisica con la possibilità di trasferirmi lì per qualche tempo, al termine del dottorato.
Avevo 28 anni e mi ricordo ancora gli scoiattoli nei parchi e l'aria umida e fredda, l'atmosfera di serenità e serietà che
si respirava. Non sono andata: ho avuto paura, della solitudine e di lasciare i miei affetti italiani. Ho lasciato anche il mondo
della ricerca: a Milano, dove avevo lavorato e studiato, non vedevo sbocchi a breve. In questi dieci anni mi sono sposata, ho avuto
tre (quasi) figli e ho tentato di esprimere il mio bagaglio di studi in diversi modi (specializzazione in fisica sanitaria,
lavoro in ospedale per tre anni, supplente nelle scuole). Ora sono insegnante di ruolo in un ITIS ed insegno fisica nel
biennio "propedeutico" alle diverse specializzazioni dei periti industriali. Mi ritrovo ogni giorno ad essere schiacciata
tra gli studenti e la dirigenza, per 1250 euro al mese. Gli studenti si fanno le canne a scuola, incendiano pezzi di carta,
brandiscono ombrelli, contestano e discutono il quando e il come delle verifiche, non i contenuti di ciò che insegno
perché
non sono minimamente interessati, non hanno nessun rispetto per la figura dell'insegnante (e nemmeno i loro genitori). D'altra
parte non possiamo più nemmeno mettere le "note" sul registro, non possiamo dare troppe insufficienze troppo gravi, diamo debiti
formativi che regolarmente non vengono saldati (i vecchi esami a settembre). |