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Ringrazio Paolo della fiducia che sembra riporre nel mio giudizio! Tuttavia non mi sento di dare consigli sulle sue scelte lavorative è una responsabilità troppo grossa.
Posso solo valutare i pro e i contro dellessere insegnanti, hic et nunc, in questa sconquassata italietta Anno Domini 2004 sta a Paolo, poi valutare. Il tono sostenuto di molti miei interventi sulla professione docente nasce prima di tutto come reazione al tono saccente ed ottuso di molti interventi (si possono leggere dovunque, sui giornali, sui forum on line del Corriere della Sera, si sentono anche dal macellaio o dalla parrucchiera) sul tema dellinsegnamento. Non sopporto più le esternazioni delluomo della strada su un mondo di cui non sa nulla se non per ricordi obsoleti, spesso risalenti alla realtà scolastica degli anni 70. Non sopporto questo parlare per stereotipi e lattacco idiota a tutta una categoria da parte di chi non ha mai insegnato e pretende di sapere, conoscere e discettare.
Ciò premesso, analizziamo la professione docente con un po di lucidità. Tuttora ci trovo molti aspetti piacevoli il contatto con gli adolescenti è faticoso, ma arricchente; è poi bello continuare a studiare, ricercare nuovi materiali e forme innovative di trasmetterli. Il bello è che non cè frattura fra i miei interessi, le mie passioni (le lingue e le letterature straniere, in particolare quella inglese) ed il mio lavoro. La magia di una lezione riuscita è una soddisfazione meravigliosa anche nellera del business quella piccola scintilla che si accende negli occhi dei miei studenti, limprovvisa risposta, inattesa, spontanea, di fronte ad un input proposto ripaga di molte fatiche e insofferenze. Ma, anche qui, molte sono le variabili: insegno in uno Liceo Scientifico di provincia (Perugia) ed ho studenti mediamente alfabetizzati ed interessati non è affatto così in molte altre realtà geografiche e culturali. Si possono incontrare studenti semi-analfabeti, difficili da coinvolgere, assolutamente irriverenti o soffocati da problemi familiari, sociali e/o da nuove povertà. L ho provato sulla mia pelle, avendo insegnato per più di un decennio in un Istituto Tecnico Industriale.
Ma andiamo avanti con gli aspetti positivi: lo stipendio a fine mese è sicuro anche se non adeguato alla fatica; suppongo tuttavia che analogo trattamento subiscano molti laureati nellera della flessibilità. Last, but not least, è alquanto improbabile rischiare il licenziamento perlomeno allo stato attuale delle cose. Temo che gli aspetti positivi siano terminati e probabilmente non sono nemmeno pochi, viste le scarse opportunità che offre il mercato del lavoro in Italia.
Fra gli aspetti negativi ricordo una burocrazia avvilente e ottusa (stile stato borbonico ottocentesco), dirigenti scolastici che spesso interpretano il loro ruolo con arrogante ignoranza e disprezzo dei docenti, genitori che ti si avventano contro a colpi di ricorsi amministrativi se i loro pargoli sono (raramente, molto raramente) respinti, colleghi spesso passivi ed indifferenti. Milioni di responsabilità che ci piovono addosso e niente mezzi, niente risorse per affrontare i mille problemi degli adolescenti; politici insipienti che sputacchiano paroloni (vanno di moda, al momento le tre I, il portfolio, il tutor, la personalizzazione degli apprendimenti: sul tutto stendo un pietoso velo) e se ne strafregano degli studenti, della scuola, della formazione. La società civile, infine, ha rinunciato al ruolo educativo per demandare tutto agli insegnanti, attaccandone però, al tempo stesso, lo status e lautorevolezza. Infine, ma non va trascurato, questa professione si sta precarizzando sempre di più i tempi di accesso si fanno lunghissimi e si rischia di restare precari a vita. In Italia si taglia, non si investe in educazione e cultura.
Io non mi sono pentita, comunque, di aver scelto questo lavoro. Forse rimpiango di non aver lasciato lItalia quando avrei potuto, ma non di svolgere questa professione. Se può servire
Lorella Marini
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