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Okkupazione: è quello che si legge all'ingresso del mio liceo in questi giorni. E suppongo che anche in altre scuole del bel
paese appaiano striscioni del genere senza che tutto ciò faccia più notizia oramai. Perché noi adulti, in questo paese,
abbiamo abdicato al nostro ruolo; noi non sappiamo, non abbiamo esperienza, non ci prendiamo responsabilità. Aspettiamo pazientemente
che un manipolo di ragazzini quindicenni, arruffati ed assonnati, si decida a 'disoccupare' per riprendere tranquillamente il tran
tran quotidiano.
Il preside è tenuto a sporgere denuncia, la DIGOS arriva, guarda, controlla, prende i nomi degli studenti ed aspetta; i genitori,
per lo più, tollerano la situazione perché è un momento di stacco dalle 'sudate carte'. Nessuno chiama più le
cose con il loro nome: non si tratta più di un atto illegale, di 'occupazione di suolo pubblico', né di 'interruzione di pubblico
servizio', è un atto di crescita, un rito di passaggio, l'unico che ormai resti a questi ipercoccolati giovani italiani. I quali,
badate bene, non sono mai responsabili di nulla, ma possono tranquillamente prendersi la responsabilità di occupare uno spazio
che è di tutti e gestirlo come piace loro, di giorno e di notte.
Noi insegnanti stiamo a guardare, qualcuno rabbioso, qualcuno connivente, la maggior parte impotenti e sconcertati. Ma secondo
la Corte dei Conti dobbiamo stare a scuola a girare i pollici perché altrimenti si configurerebbe un danno per
l'amministrazione. Insomma dobbiamo stare a scuola a non fare nulla all'interno dell'orario di servizio, altrimenti dobbiamo
risarcire l'amministrazione per il lavoro non prestato. Ma qual è il nostro lavoro? Scaldare le panche o fare lezione? E se
far elezione ci è impedito? Che cosa dovremmo fare?
Ma sopra ogni cosa: c'è qualcuno che veramente si preoccupi di quello che viene sottratto agli studenti delle nostre scuole
durante le 'occupazioni'? L'interruzione, la rottura di quel percorso di apprendimento che è lento e rigoroso e si costruisce,
mattoncino su mattoncino, giorno dopo giorno. Le lezioni perse e mai recuperate: di questo si preoccupa qualcuno? Del diritto allo
studio? Delle opportunità perse? Cultura, crescita, educazione, sono parole cos“ obsolete da sembrare estrapolate da un
libro di De Amicis, oramai. E' un danno enorme quello che stiamo facendo alla nostra scuola tollerando 'imprese' del genere; il degrado
si fa sempre più acuto, il livello di preparazione dei nostri studenti si abbassa vertiginosamente (qualcuno ha sentito parlare
del rapporto PISA e dei dati OCSE?), ma noi tolleriamo le 'okkupazioni' e spariamo a zero sulla classe insegnante.
Lorella Marini
Docente di Inglese
Perugina
13 Dicembre 2004
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