Home



Lezioni: gesso o video?

di Giuseppe O. Longo


Scuola "actually"

Luciano De Crescenzo, ritenendo che la comunicazione multimediale e interattiva sia essenziale per l'apprendimento, suggerisce alla ministra Moratti di far registrare agli insegnanti migliori (e quali sono?) dieci video di 15 minuti su ogni materia per poi distribuirli in tutte le scuole. Ora, a scuola e altrove, la comunicazione è sempre stata multimediale e interattiva molto prima che la tecnologia ci regalasse questi aggettivi. Inoltre da tempo molte ditte, specie anglosassoni, diffondono in tutto il mondo cassette e altro materiale didattico.
Di questi temi si è discusso a Venezia nei giorni scorsi in un seminario ristretto sulla virtualità organizzato dall'"Academia Europaea" presso l'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. In complesso i partecipanti, pur riconoscendone i vantaggi, hanno manifestato parecchie perplessità sulla didattica mediata dalla tecnologia e hanno sottolineato l'importanza del contatto diretto tra docenti e discenti: solo la compresenza fisica garantirebbe l'interattività, facendo della lezione un momento costruttivo non solo per gli allievi ma anche per l'insegnante.
Io continuo a far lezione col gesso. Certo è faticoso ripercorrere sulla lavagna gli impervi sentieri tante volte solcati e i colleghi che hanno optato per i lucidi, le diapositive e i calcolatori portatili mi guardano con un certo benevolo compatimento. E' faticoso per me, che ogni volta devo prepararmi almeno un po', ed è faticoso per gli allievi, che dalla lezione alla lavagna sono spinti a prendere appunti, a seguire passo passo, insomma a lavorare.
Scrutando i loro volti (ho la fortuna di avere al massimo una ventina di studenti) adeguo il mio procedere alla loro comprensione, torno indietro, ripeto un passaggio, talvolta li invito a proseguire da soli, insomma ricorro a tutta quella gamma di piccoli trucchi didattici che ogni docente conosce. Ma questa fatica è ricompensata: la partecipazione attiva accresce il rendimento, gli studenti penetrano più a fondo nella materia, preparano meglio gli esami e li superano in modo più brillante (rispetto a un paio di tentativi che feci in passato di svolgere un tipo di lezione più "tecnologico").
A Venezia i relatori, in maggioranza docenti universitari, hanno ammesso che la lezione tecnologica induce (negli allievi) una passività proporzionale alla facilità con cui viene svolta (dagli insegnanti). Inoltre è ripetitiva, mentre la lezione col gesso non è mai uguale a sé stessa, come non è mai uguale a sé stessa l'esecuzione di un concerto rispetto all'uniformità della musica riprodotta.
La diffusione delle lezioni registrate ha un altro inconveniente: tutti seguono lo stesso insegnante che dice le stesse cose, senza tener conto del contesto storico e sociale, delle capacità individuali, della preparazione. Viene quindi ad aumentare l'omologazione culturale. Inoltre, quando registra un corso, anche il miglior insegnante avverte l'artificiosità della situazione e fa una lezione finta, che è poi ritoccata e migliorata con un processo cosmetico per adeguarla a un canone ideale che deve valere per tutti.
La lezione si allontana cosė dalla sua natura più intima, che è quella di una recita. Una recita che coinvolge l'attore e il suo pubblico in un'interazione forte, razionale ed emotiva insieme. E' questo coinvolgimento che, nell'era del cinema e della tv, ci spinge ancora a frequentare il teatro.

Avvenire, 22.11.01