Scheda didattica

Laura Catastini

 

Questo teorema è di grande importanza nella matematica rinascimentale per le numeose applicazioni che trova sia al disegno prospettico che a problemi, come vedremo, di natura "tecnologica", certamente presente nella pratica pittorica quando si traguarda sul proprio pennello le dimensioni di un edificio o di un paesaggio per riportale proporzionalmente sul dipinto. Esso non si trova esplicitamente enunciato negli Elementi di Euclide e forse per questo Piero lo inserisce tra i suoi risultati preliminari e ne accenna una dimostrazione. L'enunciato di Piero assume come data una retta BC divisa da un punto D secondo un dato rapporto, una retta ad essa parallela (equidistante) e un punto A. In queste ipotesi congiungendo B, C, D con A restano individuati sulla parallela i punti H, K, I, che la dividono nella medesima proporzione



BD : DC = HK : KI

La prova di Piero sembra basarsi su sul teorema 21 del sesto libro degli Elementi che afferma che poligono simili a un terzo sono simili tra loro. In realtà la dimostrazione è una conseguenza della teoria della similitudine e in particolare del fatto che, se due triangoli sono simili allora il rapporto tra i lati che comprendono angoli corrispondenti è lo stesso (Elementi, Libro VI, proposizione 4). Poiché infatti le rette sono parallele i triangoli ABD e AHK hanno gli stessi angoli e anche i traingoli ADC e AKI. Usando in vario modo la proposizione 4 abbiamo

HK : BD = AH : AB
AH : AB = AK : KD
AK : KD = KI : DC

e quindi

HK : BD = KI : DC

da cui, permutando i medi

HK : KI = BD : DC

Il teorema ha un interessante enunciato inverso che probabilmente era dato per scontato e cioé il fatto che se due segmenti paralleli AC e HI sono divisi da un punto D e un punto K secondo la medesima proporzione allora le rette BH, DK e CI convergono verso uno stesso punto.

La dimostrazione si ottiene facilmente considerando il punto A dove si incontrano le rette BK e CI. Tracciando da A la retta AD essa incontra HI in un punto K'. Si tratta di dimostrare che K'= K infatti in questo caso la retta KD coincide con la retta K'D che per costruzione passa per A. Ma, ragionando per assurdo, non può essere K diverso da K' perché, per la parte diretta del teroema avremmo HK' : K'I = BD : DC e per ipotesi anche HK : KI = BD : DC e allora, potendosi in un solo modo dividere un segmento scondo un dato rapporto, K=K'.
Questo tipo di ragionamento inverso è didatticamente più difficile da far accettare con piena padronanza essendoci spesso una naturale difficoltà a distinguere tra le affermazioni del tipo se A allora B e A se e solo se B. Questa difficoltà rende spesso diffcile risolvere correttamente semplici sillogismi e capire il senso di una dimostrazione per assurdo. Infatti spesso si suppone erroneamente che se A allora B implichi anche se non-A allora non-B Ora, supponiamo di aver dimostratrato che se A allora B e di voler dimostrare che vale anche l'implicazione inversa e cioè se B allora A. Per dimostrare questo come abbiamo appena fatto si procede per assurdo e cioè si dimostra che se non-A allora non-B affermazione che, appunto, era erroneamente già considerata valida. Sembra che questa difficoltà di raginamentocome ho riferito in un recente studio abbia ragioni oggettive legate al funzionamento del cervello e riscontrabile anche nelle menti di grandi scienziati e non solo nei nostri allievi. Secondo O. Gingerich, , lo stesso Galileo avrebbe commesso questo errore e come abbiamo visto nel caso del teorema VII anche Piero non ci è parso esente da questa difficoltà. Un modo per aggirare in parte la difficoltà consiste nel sottolineare il più possibile la differenza tra i due enunciati quello diretto e quello inverso.
In questo caso l'enunciato inverso ci pare particolarmente interessante perché permette di individuare il punto centrico come il punto cui tendono le congiungenti di segmenti ugualmente ripartiti che rappresentino, sul quadro, stesse grandezze viste a diversa profondità.



In questa figura i due segmenti sono divisi in 8 parti uguali ciascuno, per questo il rapporto tra i segmenti è uguale al rapporto tra le singole parti e le rette che congiungono i punti corrispondenti convergono a un unico punto il punto di centrico come sarà chiamato da Alberti. Il fatto dunque che il fascio di linee parallele che si estendono perpendicolarmente al quadro si rappresentino come linee che convergono a un unico punto diventa una conseguenza del fatto che la rappresentazione prospettica deve conservare la proporzionalità e la forma di figure poste su piani paralleli al quadro a diverse distanze.
Vediamo più in dettaglio questa circostanza. Prendiamo su uno stesso piano tre segmenti paralleli, ortogonali al quadro. Questi segmenti debbono essere disegnati in modo tale che se prolungati, convergano a uno stesso punto. Il ragionamento col quale dimostrare questo fatto è molto simile a quello che fa Euclide nell'Ottica per dimostrare il teorema 6 sulle visione di rette parallele. Crediamo che sia molto utile confrontare le due dimostrazioni, quella euclidea legata alla visione e quella rinascimentale legata alla rappresentazione e alla proporzionalità. Prendiamo due linee trasversali alle tre rette, parallele tra loro (e quindi al quadro) e supponiamo che, in pianta, la situazione sia come in figura

Supponiamo che la linea ABC sia più vicina all'occhio della linea A'B'C'. lI segmento A'C' dunque, essendo più lontano del segmento AC si vedrà più piccolo e pertanto sul quadro i punti A'C' andranno rappresentati più vicini tra loro. Il disegno sarà quindi del tipo

poiché nella rappresentazione prospettica su un piano i rapporti lungo rette parallele al quadro si mantengono avremmo anche sul quadro, come nella realtà che rappresentiamo

AB :BC = A'B' : B'C'

e quindi, per il teorema inverso che abbiamo appena dimostrato, le rette AA', BB', CC' devono incontrarsi in un punto.

Il teorema che abbiamo dimostrato nella sua formulazione diretta e inversa, stabilisce un criterio per trasferire da una retta a un'altra la configurazione di tre o più punti mantenendo i loro rapporti reciproci di vicinanza, quando le due rette siano parallele. Questo fatto è alla base di varie tecniche di misura col solo vedere L'origine di queste tecniche si trova nell'ottica di Euclide nei teoremi 18, 19, 20, 21. Leon Battista Alberti nei Ludi Matematici indica un metodo pratico per misurare l'altezza di una torre, probabilmente antichissimo ed essenzialmente ancora in uso oggi.





un dardo è piantato verticalmente nel terreno, un occhio è posto in O e si traguardano i punti A, B, C, sulla freccia che vengono segnati da un aiutante con della cera. Se la lunghezza del segmento AC è sei volte quella del segmento BC anche la torre sarà alta sei volte l'altezza del portone e se l'altezza del portone è nota, diciamo è di 4 braccia, la torre sarà alta 28 braccia.

In Cina nell'antichità metodi analoghi erano stati introdotti per stimare l'altezza delle pagode e varie altre misure basate su criteri di proporzionalità. Nel libro di Liu Hui Nove Capitoli del III secolo dopo Cristo, vengono dati dei metodi per misurare altezze e distanze mediante l'uso di paletti da topografo. Sono considerati molti casi tra cui metodi per misurare l'altezza di un'isola vista dal mare, l'altezza di un albero su una collina, la grandezza di una città distante circondata da mura, l'altezza di una torre su una pianura vista da una collina ecc

Questi esempi possono essere didatticamente utili per illustrare con delle interessanti applicazioni la teoria delle proporzioni.