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Troppi metri sopra il cielo

2031: alla conquista del Pianeta Rosso!

 

Tra qualche decennio l’uomo volerà su Marte. E’ fantastico. L’America, che è stata insieme alla Russia pioniera della storia aerospaziale nel secolo scorso, ha  annunciato  di avere fra gli obiettivi principali dei propri piani spaziali, la creazione di una stazione permanente sulla Luna e poi, la prima missione umana su Marte. La data a cui il presidente americano George Bush ha fatto riferimento in un discorso che ha entusiasmato la nazione, nel 2004,  è tra il 2025 e il 2030. In questi giorni la Nasa in un incontro del Lunar Exploration and Analysis Group tenutosi a Houston ha diffuso la notizia che nel 2031  un equipaggio di sette astronauti, probabilmente quattro uomini e tre donne verranno inviati su Marte in una missione che durerà circa trenta mesi.

 Nel cinquantenario della nascita della storia aerospaziale che vide la luce con il lancio del primo Sputnik da parte dei Russi nel ‘57, e dopo fasi di silenzio, si assiste ad un vigoroso rilancio dei piani operativi per la conquista dello spazio. Anche la Cina, diventata protagonista da poco insieme all’India, ha annunciato che porterà l’uomo sulla Luna e poi, anche sul Pianeta Rosso. Ma fino ad oggi, gli unici che realmente possono vantare di aver fatto una salutare passeggiata nello spazio profondo, restano gli (italianissimi) intrepidi eroi di Guzzanti, i “fascisti su marte” che tra le risate generali, sono approdati su Marte a bordo di un semplice prototipo di missile tedesco. Non che gli americani siano meno coraggiosi. O meno capaci di tecnologie molto sofisticate. Ma l’avventura dell’uomo nello spazio profondo non è una impresa semplice per diversi motivi , tra i principali questo: l’Universo è pieno di radiazioni di diversa natura e fonte che sono pericolossissime per l’organismo.  Queste includono ad esempio, le fasce di Van Allen, i raggi cosmici, il cosiddetto ”vento solare”, neutroni ed altre particelle subatomiche altamente energetiche. Con il termine fasce di Van Allen si intende una cintura di particelle cariche che circonda il nostro pianeta e che viene “intrappolata” dal campo magnetico terrestre.

 

 Tempesta della corona solare, 8 Gennaio 2002 (Cortesia SOHO - ESA & NASA)

Il pianeta Terra è circondato da un campo magnetico denominato magnetosfera che si estende per decine di migliaia di chilometri nello spazio e che agisce come un filtro cosicché noi  riceviamo solo una piccolissima quantità di radiazioni. Anche altri pianeti come ad esempio Giove e Saturno posseggono simili campi magnetici.

Un astronauta che abbandoni  l’orbita bassa (LEO, Low Earth Orbit) cioè un orbita compresa tra   i 300 e gli 800 chilometri di altitudine dalla superfice terrestre, si troverà ad essere esposto a grandi quantità di radiazioni e tutte le missioni al di là della LEO richiedono una dettagliata considerazione del rischio che si corre. La minaccia di tali radiazioni non riguarda ad esempio gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale (SSI) perché questa orbita all’interno del campo magnetico terrestre e sotto al limite inferiore delle fasce di Van Allen, dove è più facile schermarsi dalle particelle cariche che comunque sono presenti.

 Immediatamente al di sopra della LEO, il pericolo cresce con l’esposizione ai raggi cosmici ad alta energia e il rischio di improvvisi “brillamenti solari”. Questi ultimi, indicati anche con il termine inglese “flare”, fiammata, si possono immaginare come l’analogo solare dell’eruzione di un vulcano che diffonde nello spazio particelle altamente energetiche. Una vera e propria tempesta di energia elettromagnetica che accade improvvisamente ed è difficile da prevedere. Questa tempesta  nasce dalla superficie del Sole: si sa che ricorre con una certa frequenza e che quindi più tempo si passa nello spazio più sale la probabilità di incontrarla. Gli astronauti dell’Apollo che portarono a termine il primo viaggio sulla luna nel 1969 furono i primi a superare il campo geomagnetico terrestre e fu realizzato un programma focalizzato a diminuire al minimo la dose di radiazioni che avrebbero assorbito. Gli astronauti sono “ professionalmente esposti alle radiazioni” e  la filosofia base di un programma di esplorazione dello spazio è evitare le radiazioni dannose, limitando l’esposizione alla minore possibile che si può ottenere in relazione all’obiettivo della propria missione: è il  principio ALARA ( As Low As Reasonably Achievable).

Marte, visto dal telescopio spaziale Hubble (Cortesia  NASA, ESA, and The Hubble Heritage Team (STScI/AURA))

 I pionieri dell’Apollo corsero un grande rischio ma il loro viaggio fu breve, durò pochi giorni e per fortuna non si verificò in quel lasso di tempo nessuna “ tempesta solare”.  Per andare e tornare dalla luna ci si impiega una settimana. Marte invece è circa 150 volte più distante dalla terra e un viaggio di andata e ritorno dal Pianeta Rosso, potrebbe richiedere un periodo di due anni, due anni e mezzo con una permanenza di tempo nello spazio molto alta. Più cresce il tempo di esposizione più è difficile difendersi dalle radiazioni alcune delle quali se  raggiungono il corpo umano, sono in grado di attraversarlo e di interagire con  le molecole, tra cui il Dna, fino a provocarne la rottura dei legami chimici.

 Si parla in questo caso di danni genetici stocastici: che si verificano in maniera probabilistica, anche con dosi di radiazione molto piccole e sono effetti a lungo termine, visibili cioè anche molto tempo dopo che la missione è finita. Questi danni sono naturalmente molto più seri rispetto a quelli deterministici, che riguardano le conseguenze a cui vanno incontro i tessuti e gli organi a causa di una sovraesposizione a radiazioni : ad esempio arrossamenti, nausea-vomito e disidratazione.

Tra tutti i rischi che corrono gli astronauti nello spazio ad esempio i rischi quotidiani o i rischi psicologici, i meno studiati sono proprio quelli relativi all’esposizione alle radiazioni e soprattutto per quanto riguarda gli effetti a lungo termine, è difficile fare delle previsioni.

 La ricerca biomedica è importantissima perché è necessario  stabilire con precisione la natura di tutte le radiazioni presenti e della loro interazione con l’organismo, per correlare meglio le dosi che riceveranno gli astronauti  con gli effetti per la loro salute. In tal senso, soprattutto per quanto riguarda gli effetti stocastici, c’è una lunga via da percorrere.

Lancio della missione Apollo 11 (Cortesia NASA)

Sulla Stazione Spaziale Internazionale si fanno ricerche anche in questa direzione, e cioè sui tipi di radiazioni presenti nello spazio e  sui loro possibili effetti biologici.

 La ricerca scientifica si sviluppa anche in un altro senso e cioè verso lo sviluppo di tecnologie che consentano di  minimizzare  i tempi di permanenza nello spazio. Ricerca medica e tecnologica si intrecciano e convergono su uno stesso fine: il miglior compromesso tra realizzazione di obiettivi e sicurezza. Molte proposte sono state finora avanzate, come l’utilizzo di uno spessore di acqua o di plastica per proteggere gli astronauti, o l’utilizzo di un magnete superconduttore per respingere le particelle cosmiche.

 Per minimizzare il tempo si studia la possibilità di calcolo di nuove traiettorie, e l’utilizzo di propulsori alternativi. Ma la maggior parte di questi progetti appaiono ancora di difficile realizzazione se non irrealistici. Alcuni scienziati ritengono che non siamo ancora neanche lontanamente vicini agli sviluppi tecnologici necessari ad una protezione sufficiente per lo spazio profondo. Si aspetta con fiducia l’Eureka. Ma allo stato attuale, nessun governo ha pubblicizzato una missione spaziale umana che sia supportata da un protocollo metodologico dettagliato e ritenuto realizzabile e valido dalla comunità scientifica.

Si ringrazia il Dott. Franco Rossitto per i suggerimenti e gli interessanti spunti di riflessione, il Dott. Ettore Perozzi per la consulenza scientifica.

A cura di Luciana Riva, Master in Comunicazione della Scienza e della Tecnologia, Universita' di Roma Tor Vergata

 

Approfondimenti:

Biomedical results of Apollo: radiation protection and instrumentation, JSC (NASA)

http://lsda.jsc.nasa.gov/books/apollo/S2ch3.htm

International Conference Moon Base: a Challenge for Humanity

http://www.moonbase-italia.org/homepage.html

Moon and Mars Missions ( NASA)

http://www.nasa.gov/topics/moonmars/index.html

First Moon's Image by Chinese Lunar Orbiter

http://www.planetary.org/news/2007/1127_First_Image_of_the_Moon_by_Chinese.html

 

 

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